Ostia, il nuovo ponte della Scafa non si fa: 3 cittadini chiedono indietro al X Municipio i terreni espropriati
Dopo più di 13 anni una cosa è ormai certa: il nuovo ponte della Scafa di Ostia, nel X Municipio di Roma, non si farà. Avrebbe dovuto collegare la zona di Ostia a Fiumicino, attraversando il fiume Tevere, il cantiere era partito nel 2019 ma non è mai davvero decollato. Non verrà mai realizzata nemmeno la nuova ed estesa viabilità di collegamento.
Ostia, il nuovo ponte della Scafa non si fa
Per questo motivo 3 cittadini hanno deciso di portare davanti al Tribunale Amministrativo del Lazio sia il comune di Roma che quello di Fiumicino. Omettiamo i nomi per rispetto della loro legittima privacy.
3 cittadini chiedono indietro al X Municipio i terreni espropriati
I terreni espropriati sono situati tra Tor Boacciana, Ostia Antica, Ostia e Fiumicino, così si legge nelle carte giudiziarie che 7 Colli ha potuto visionare. Il giudizio al Tar del Lazio è stato avviato dai 3 ricorrenti due anni fa, nel 2022. Ma l’udienza decisiva si è tenuta lo scorso 10 aprile, presso la seconda sezione del Tar Lazio.
Il comune di Roma si è costituito in giudizio, davanti ai giudici, chiedendo che il ricorso dei 3 cittadini fosse respinto. “In ragione – così ha sostenuto testualmente il Campidoglio – del non aver essa (Amministrazione Comunale, ndr) adottato alcuna dichiarazione di inservibilità delle aree”.
Per il Campidoglio i cittadini, anche se il ponte e la relativa viabilità di collegamento non verrà mai realizzata, non hanno comunque il diritto di tornare nel pieno possesso delle terre di loro proprietà.
Il Tar del Lazio si è dichiarato incompetente su tale vicenda, rinviando i cittadini al Tribunale Civile di Roma, con la sentenza n. 10230 del 21 maggio scorso. I primi espropri erano partiti nel lontano 2011, poi altri nel 2014. Sta di fatto che dopo 13 anni il cantiere non è mai davvero partito, nonostante i tanti proclami politici.
Ostia, ponte della Scafa: le parole dei giudici del Tar Lazio
“Il Collegio – scrive il presidente Francesco Riccio– come da relativo avviso datone alle parti, ritiene che il ricorso sia inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. In favore del giudice ordinario per le ragioni di seguito esposte.
In via preliminare, va rammentato che la giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo deve essere in concreto identificata non già in base al criterio della prospettazione soggettiva della domanda. Ma alla stregua della sostanza della relativa domanda. Ovverosia considerando l’intrinseca consistenza della posizione soggettiva dedotta in giudizio. Ed individuata dal giudice stesso con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest’ultima dal diritto positivo (…)
Due tipi di retrocessione
Ebbene, con riferimento alla materia della retrocessione, la giurisprudenza, distingue tra retrocessione totale e retrocessione parziale. Assegnando le controversie relative alla prima alla giurisdizione ordinaria e quelle relative alla seconda alla giurisdizione amministrativa.
In particolare, in caso di retrocessione totale è acclarato che il bene espropriato non è stato oggetto o non è più utilizzabile per l’opera. Alla cui realizzazione esso era stato destinato dalla dichiarazione di pubblica utilità. Mentre nell’ipotesi di retrocessione parziale l’intervento è stato realizzato e l’inutilizzazione del terreno potrebbe essere solo temporanea o comunque superabile.
I giudici: “Ostia è un caso di retrocessione totale”
Ciò posto, ritiene il Collegio che la fattispecie integri un’ipotesi di retrocessione totale delle aree. Risultano incontestato tra le parti che l’opera per la quale i terreni furono espropriati non sia mai stata realizzata. Osservando il Collegio come la stessa difesa di Roma Capitale riferisca di aver avviato delle mere attività di carattere prodromico e preliminare. Che certo non possono qualificarsi come “inizio e/o cominciamento dell’opera”.