Ostia, lettere anonime con “palate di fango” contro le forze dell’ordine e due stabilimenti balneari: denunciato imprenditore
Una “guerra” senza esclusione di colpi. Soprattutto se questi colpi sono in realtà palate di fango, gettate nascondendosi dietro l’anonimato di lettere raccomandate con mittenti fasulli. E contenenti accuse che vanno a screditare sia le forze dell’ordine che i “colleghi”. Succede a Ostia, dove la “guerra tra poveri” è in realtà una “guerra tra ricchi” (o quantomeno non morti di fame) che cercano di restare tali.
Tutto ha inizio a giugno, con la bella stagione. I bagnanti attendono con ansia l’ansia l’apertura degli stabilimenti balneari. E i gestori, invece, sono in ansia, perché aspettano di sapere quale sarà la loro sorte in vista degli imminenti bandi pubblici. Ancora nessuno sa che, di lì a poco, il Comune di Roma deciderà di fare dei mini bandi, per cercare di “mettere una toppa” a una situazione alquanto complicata.
L’idea geniale… ma non troppo
Ed ecco allora la “genialata”. L’idea che consente a un noto gestore, titolare di un altrettanto famoso stabilimento balneare, di screditare i “colleghi”. Il sistema viene architettato così. Una donna, il 6 giugno, si reca nell’ufficio postale dell’Infernetto. E da lì spedisce diverse raccomandate, inviandole al Comando della polizia locale di Ostia, al Commissariato del X Distretto Lido, al Questore di Roma, al Comandante Provinciale della Guardia di Finanza e al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri. All’interno una lettera, con la quale venivano accusati i caschi bianchi di Ostia di collusione con due stabilimenti balneari lidensi.
Le accuse della lettera anonima
Nella lettera, inviata con un mittente falso e senza ricevuta di ritorno, è stato scritto che i vigili avrebbero favorito i controlli in due stabilimenti balneari – che invece risultano essere stati oltretutto “visitati” dai caschi bianchi” e anche sanzionati di recente – per chissà quali oscuri motivi, facendo riferimento in particolar modo al permesso per il pubblico spettacolo.
Ma, pur camuffando il nome inserito nella raccomandata, la donna ha dimenticato di camuffare sé stessa. È infatti bastato andare all’ufficio postale e richiedere di poter guardare i video di sorveglianza del giorno – nel rande orario esatto – in cui erano state inviate le raccomandate per capire chi l’avesse inviate.
I collegamenti
Della vicenda, ovviamente, se ne occupano le forze di polizia a cui è arrivata la raccomandata. Tutte. Che si consultano. E cercano di venire a capo alla vicenda. Le indagini, condotte dal X distretto della Polizia di Stato e dai caschi bianchi lidensi, si sono concluse da pochissimi giorni e partono proprio dall’ufficio postale dell’Infernetto, dove con facilità si scopre chi ha inviato le raccomandate.
È quindi poi stato semplice collegare la donna, frequentatrice di un noto stabilimento e amica del titolare. Messa alle strette, la donna ha ammesso di aver inviato le raccomandate per conto del suo amico, ma di non conoscerne il contenuto. Il passo successivo è quindi stato quello di ascoltare la versione dell’uomo che, non avendo scelta, ha dovuto ammettere le sue responsabilità. Ma la denuncia, oltre a lui, se l’è presa anche la sua amica.
Amici mai
Ma quello che esce fuori da questa storia, oltre alle due denunce, è il clima torbido che si respira attorno alle concessioni demaniali. Attraverso le lettere anonime, che in questo caso non hanno avuto esito, ma lo scopo era ben evidente, sono state screditate non solo le immagini delle istituzioni. Si è infatti gettato fango sui propri “colleghi”, proprio nei giorni antecedenti ai bandi.
Sarebbe quindi interessante sapere cosa pensano gli altri balneari e le associazioni di categoria – come il Sib o l’assobalbeari – di un comportamento simile da parte dei loro associati.
Così come sarebbe interessante sapere, di contro, come mai a Ostia risulterebbe esserci invece uno stabilimento che veramente non conviene a nessuno venga controllato, malgrado in passato sia stato oggetto di indagini riguardo le frequentazioni pericolose all’interno dello stesso stabilimento. Ma Ostia, si sa, è una “terra strana”, dove si lanciano accuse verso magari obiettivi sbagliati. E si trascurano quelli giusti.