Ostia, sigilli per il Bar Isola Mauritius, la titolare: ‘Meglio l’abbandono e il degrado piuttosto che darmi una proroga?’ (VIDEO)

Bar Isola Mauritius
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“Sono qui ogni giorno, ad aspettare che vengano ad apporre i sigilli al chiosco”. Parla con la morte nel cuore Sonia Buzzi, imprenditrice storica di Ostia che, insieme alla mamma Margherita, negli anni ’70 si trasferisce sul litorale romano e apre un chiosco sul lungomare Amerigo Vespucci, l’Isola Mauritius.

Ma adesso quel bar, che nel tempo è diventato un punto di incontro e aggregazione di molti lidensi, sta per chiudere: la concessione è scaduta e, in attesa del nuovo bando, il Municipio preferisce mettere i sigilli, invece di trovare il modo di dare una proroga, con il doppio risultato di far lavorare ancora Sonia e mantenere in ottimo stato l’area.

“Sono qui perché non vorrei che, in futuro, si trovasse un appiglio per non farmi partecipare al bando”, precisa la donna, che poi racconta la storia di un luogo che potrebbe tornare presto quello che era all’origine, ovvero un luogo degradato e meta di vandali e senzatetto.

La storia del chiosco

Sonia in 16 anni di sacrifici trasforma l’area verde degradata e abbandonata dal Comune in un fiore all’occhiello, apprezzato anche dall’attuale presidente del decimo municipio. Ma alcuni mesi fa il Comune le fa sapere che dovrà lasciare la sua attività, perché non le verrà rinnovata la concessione Comunale.

Sonia fa ricorso al Tar (come hanno fatto anche i balneari) ma viene respinto e Sonia, con a carico una figlia e una mamma ricoverata per un ischemia, si trova da sola e senza altre entrate.

Sigilli in vista per il bar “Isola Mauritius”

La donna chiede che almeno le venga data la possibilità di finire la stagione. Scrive al presidente del municipio, ma lui non la degna neanche di una risposta. Non sa che fare e va a ritroso: trova la convenzione rilasciata alla mamma Sibilla Margherita e legge che il Comune, in caso di recessione dalla convenzione, si sarebbe dovuto impegnare e proporle una collocazione alternativa di pari valenza.

Perché proprio l’area del chiosco

Ma facciamo un passo indietro. Fino al 1999 la famiglia di Sonia gestiva una spiaggia (regolarmente) all’altezza del lungomare Amerigo Vespucci 144. Ma all’improvviso una notte l’amministrazione comunale abbatte tutto. In seguito, però, si scusa dicendo: “Ci siamo sbagliati”.
Da lì il Comune offre alla famiglia una nuova sistemazione: si tratta di un’area verde degradata e abbandonata. La signora Margherita, in lacrime e sconcertata, accetta e comincia i lavori di bonifica.
Stiamo parlando di quello che oggi è la stupenda Isola Mauritius.

Mentre stavano costruendo quello che adesso è il chiosco, la famiglia continuava a sollecitare i documenti, che tardavano ad arrivare. Solo in seguito la documentazione è arrivata e sulle carte c’era scritto che la signora Margherita rinunciava, accettando il nuovo punto verde.

Gli equivoci: dalla documentazione al cognome

Ma rinunciava a cosa, se le era stato abbattuto tutto sulla spiaggia? La famiglia Sibilla è stata costretta a rinunciare visto che non era rimasto più nulla. Firmarono quindi la convenzione. In seguito scoppiò il caso di “mafia capitale”. Capirono che il cognome Buzzi veniva associato erroneamente a quello del Buzzi arrestato insieme a Carminati.

Un errore grossolano che costò a questa famiglia onesta di Ostia la loro attività commerciale. Nell’ottobre del 2014 l’ufficio tecnico andò a fuoco e molti documenti andarono persi, compresi quelli della famiglia Buzzi/Sibilla. 5 anni dopo, nel 2019, il Comune di Roma cominciò a farsi vedere e a chiedere chi avesse dato i documenti che autorizzavano la gestione del chiosco.

La famiglia rispose, voi del Comune. Ma dal Campidoglio insistettero: “Le cose sono cambiate”.

“Dovete andarvene”

Passano gli anni e, qualche mese prima del rinnovo della concessione, arriva una lettera. La famiglia deve andar via. Sonia e Margherita fanno ricorso al Tar. E sono proprio i giudici che chiedono tutta la documentazione (bruciata nell’incendio al Municipio). Ma fortunatamente la signora Margherita aveva conservato una copia di tutto.

Nasce un altro problema: la veranda mobile, di cui il Comune non aveva le planimetrie. Si va a processo e il reato non sussiste. Risolto questo, la famiglia va da Visca, ma lui si oppone. Poi si reca da Falconi, ma anche il presidente fa orecchie da marcante.
Insomma la famiglia non può più fare altro che aspettare il 3 di settembre, quando si riunirà il Consiglio di Stato.

Distruggere le belle realtà

La domanda che sorge spontanea a questo punto è: perché Ostia deve trasformarsi in un dormitorio? Perché eliminare quel poco che c’è, rischiando che si trasformi nell’ennesimo monumento abbandonato, covo di malintenzionati?

Perché per fare qualcosa i lidensi sono costretti ad andare nelle vicine Fiumicino, Fregene e Aranova, piene di eventi e manifestazioni di successo, che contano la presenza di migliaia di persone ogni sera, come testimoniano anche le numerose foto che circolano sui social, mentre a Ostia tutto deve essere chiuso. Perchè? A chi fa comodo questa situazione di abbandono?

Ormai a Ostia ci sono molte strutture abbandonate diventate preda dei senza fissa dimora, vedi la storica Casetta, l’Isla Fiorita, il Blues Caffe, l’ex ufficio tecnico, il Jacks, il mercato San Fiorenzio, il Social Beach di Ponente, il ristorante del Lido. Vogliamo che lo diventi anche l’Isola Mauritius?

I cittadini si chiedono perché questo accanimento contro le attività commerciali di Ostia. A chi si deve chiedere conto di tutto questo odio contro un Municipio che potrebbe essere il fiore all’occhiello della Capitale d’Italia? Perché non offrire – secondo la normativa, almeno in deroga – un’attività commerciale a un’imprenditrice onesta che vuole solamente poter continuare a pagare le sue bollette?