Otto telecamere nascoste nella Regione Lazio. Rocca: “Ho presentato denuncia”

Ha i contorni di una spy story la vicenda delle telecamere nascoste trovate nella sede della Regione Lazio, in via Cristoforo Colombo a Roma. In particolare, le microspie sono state scoperte nell’assessorato alla sanita’ della Regione Lazio, nella sala riunioni del dipartimento sanita’ e nell’ufficio di presidenza di Francesco Rocca.
Si tratta di nove dispositivi di sorveglianza audio-video rinvenuti al nono piano dell’edificio in due giorni, il 7 e il 13 aprile, dai dipendenti di una ditta che stavano facendo alcuni lavori di manutenzione all’impianto elettrico. I sistemi di sorveglianza erano piazzati all’interno dei sensori anti-intrusione e pare non fossero attivi. Immediatamente il materiale e’ stato consegnato ai carabinieri.

Rocca: “Abbiamo consegnato il materiale ai carabinieri”
Secondo quanto si apprende, tali strumentazioni risalirebbero a 10 o 15 anni fa, forse pure oltre. I dispositivi erano puntati verso la porta degli uffici per vedere chi entrava e usciva. Sono comunque in corso accertamenti per capire se il contenuto impresso sui nastri di registrazione sia ancora visibile. La Regione Lazio ha sporto formale denuncia ai carabinieri che hanno ascoltato l’elettricista. Le indagini sono in corso. “Sono state rinvenute in Regione alcune telecamere che non avevano un collegamento audio, son stati chiamati i carabinieri che hanno portato via tutto. Io nemmeno le ho viste, sono stato informato. Abbiamo fatto una denuncia e l’esito e il seguito non dipende da noi”, ha commentato il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, a margine di un evento.
Chi ha piazzato le telecamere nella Regione Lazio?
Nel gennaio 2014 una microspia – ricorda Repubblica – era stata rinvenuta addirittura nella stanza di Nicola Zingaretti. Più precisamente nel bracciolo di una poltrona della sala riunioni della Regione Lazio.
Nella sedia solitamente utilizzata dall’allora presidente. In quel caso il ritrovamento era avvenuto durante una bonifica, un controllo disposto periodicamente dalla Regione per motivi di sicurezza e tutela della privacy. La vicenda era finita poi nelle mani dei carabinieri, quindi della Procura di Roma. Ad occuparsi del caso era stato un magistrato del pool reati contro la personalità dello Stato, guidato dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo.
Le indagini però non portarono a nulla e la vicenda venne archiviata. Adesso, nove anni dopo, un nuovo giallo.