Parte a gennaio la corsa per la nomination repubblicana: Trump superfavorito, dem rabbiosi
Partirà il 15 gennaio con i caucus in Iowa la corsa per la nomination repubblicana che potrà, secondo tutti i pronostici del momento, portare a una nuova incoronazione a candidato di Donald Trump. Una corsa che in un certo senso è già storica, dal momento che a essere favorito è un ex presidente, che fronteggia 91 incriminazioni in 4 diversi procedimenti due per aver tentato di sovvertire la sua sconfitta elettorale nel 2020. E che nei giorni scorsi è stato dichiarato ineleggibile, per il suo ruolo “nell’insurrezione” al Congresso, dalla Corte Suprema del Colorado, secondo cui è applicabile all’ex presidente la sezione 3 del 14° emendamento della Costituzione, approvato nel 1868 per impedire ai leader della Confederazione di ritornare in politica dopo l’amnistia.
A gennaio anche la decisione per le primarie del Colorado
I giudici hanno sospeso fino al 4 gennaio l’applicazione della loro decisione di escludere Trump dalle primarie del Colorado, per permettere appunto il ricorso alla Corte Suprema che tutti considerano scontato. Corte Suprema che, tra l’altro, in tempi brevi potrebbe anche dover prendere un’altra decisione riguardante Trump: stabilire se in qualità di ex presidente goda dell’immunità esecutiva come sostengono i suoi avvocati per far archiviare il processo per interferenze elettorali – che dovrebbe iniziare il 4 marzo in piena stagione delle primarie – intentato contro il tyconn dal procuratore speciale John Smith.
Maratona verso la nomination
Insomma, a parte tutte le incognite giudiziarie e il caos, diventato la norma negli otto anni di dominio della scena politica da parte del leader populista americano, a guardare le date delle varie tornate elettorali, più di una corsa verso la nomination si tratterà di una maratona, con la prima fase delle tornate elettorali particolarmente rallentata. Se infatti nel 2020 i democratici impiegarono 27 giorni a concludere la prima parte delle primarie – quella che precede il cosiddetto Super Tuesday in cui, il 5 marzo, voteranno insieme 14 Stati, tra i quali appunto il Colorado – quest’anno i repubblicani impiegheranno 40 giorni per concludere il percorso.
A metà marzo Trump potrebbe avere la nomination
Le tappe più salienti saranno in New Hampshire, dove si svolgeranno le vere e proprie primarie il 23 gennaio, seguite da quelle del Nevada, 8 febbraio, South Carolina, il 24 febbraio, Michigan, il 27 febbraio. In questo periodo si voterà anche in Idaho, Missouri, District of Columbia e North Dakota. Nei giorni scorsi la campagna di Trump si è detta convinta che l’ex presidente avrà la certezza matematica di avere la nomination repubblicana in tasca già a metà marzo. Secondo le proiezioni del suo staff, il tycoon avrà 973 delegati il Super Tuesday in cui si voterà in una decina di stati. E entro il 19 marzo ne avrà 1478, ben oltre il numero magico di 1215 delegati necessari ad assicurarsi la nomination alla convention repubblicana del prossimo luglio a Milwaukee.
Al momento Trump in vantaggio di 30 o 40 punti
Ma c’e’ anche chi non esclude sorprese: esperti citati da abcnews ritengono che questa prima fase così rallentata, con più ampie pause del solito tra una tornata e l’altra – 16 giorni tra il voto in New Hampshire e quello in Nevada e altri 16 prima di quello della South Carolina – potrebbe essere “caotica”. Ma potrebbe dare più tempo agli avversari di Trump – che al momento ha un vantaggio che oscilla tra i 30 e i 40 punti – di trovare un modo di coordinarsi, e magari unirsi dietro un solo nome contro di lui. Sin dalla sua rielezione a valanga in Florida nel 2022, Ron DeSantis è stato ritenuto lo sfidante più insidioso di Trump, anche dallo stesso tycoon, che per mesi ha martellato di attacchi il governatore.
Trump insidato da DeSantis e Haley
Negli ultimi mesi la sua posizione si è indebolita, perché il suo messaggio di estrema destra appare non dissimile dall’ideologia Maga dell’ex presidente. Insomma si muove nello stesso terreno, cercando di “vendere un versione Trump Lite agli elettori che vogliono invece la versione calorica”, scrive Politico, che sottolinea anche come DeSantis finora si sia mostrato impacciato durante la campagna elettorale. Diversa la posizione di Nikki Haley, l’ex ambasciatrice all’Onu di Trump, che ha un’altra carta vincente: il fatto che è stata governatrice in uno dei primi stati in cui si voterà, la South Carolina. Una sua vittoria in questo Stato, potrebbe permettere alla 51enne di origine indiana di concludere la prima fase delle primarie come effettiva alternativa al duello Trump-De Santis.
Ora tutto dipende dallo Iowa e dal New Hampshire
Le prime indicazioni su come andranno le primarie – cioè se saranno un’inutile liturgia versa una nomination annunciata oppure, a sorpresa, diventeranno competitive – potranno arrivare già dal caucus di Iowa e dalle primarie in New Hampshire. Se Trump vincerà in entrambi con ampio vantaggio, ai suoi avversari serviranno poco le più lunghe pause tra una tornata e l’altra per colmare lo svantaggio. Ma se invece dovesse essere sconfitto in uno, o in tutte e due gli Stati, oppure vincere di misura, allora le forze anti-Trump potranno sfruttare le lunghe pause per cercare di unificare il fronte intorno ad unico candidato. Partito molto affollato il campo dei candidati alla nomination repubblicana si è progressivamente ristretto, a causa di una serie di rinunce.
Il Gop compatto: su Trump non decidano i giudici ma gli elettori
Interessante notare, che tutti i rivali di Trump nelle primarie hanno fatto a gara a condannare la decisione della Corte del Colorado. “Lo batterò sul campo non abbiamo bisogno che i giudici prendano queste decisioni, le prenderanno gli elettori”, ha dichiarato Haley. “La sinistra invoca la democrazia per giustificare il suo uso del potere anche se questo significa abusare di potere giudiziario per rimuovere un candidato dalla scheda”, le ha fatto eco DeSantis. Lo stesso Christie, grande critico di Trump, ha difeso l’ex presidente affermando che “non si dovrebbe impedirgli di essere presidente con i tribunali, ma con i voti degli elettori”.
Il più drastico di tutti è Ramaswamy che per protesta, e solidarietà con Trump, afferma di volersi ritirare dalle primarie del Colorado e esorta anche gli altri candidati repubblicani a farlo. “Se non lo fanno sosteranno questa manovra illegale che avrà conseguenze disastrose per il Paese”, ha detto il miliardario candidato alla Casa Bianca.