Periferie, la protesta dei consorzi. Così le opere non si fanno
I consorzi per la realizzazione delle opere a scomputo nelle periferie romane sono sul piede di guerra. In realtà i dissapori con la giunta Raggi sono iniziati già nel 2018, a causa di una delibera. Che prevedeva l’obbligo di adeguarsi a quanto stabilito nel nuovo codice degli appalti. E quindi di assumere personalità giuridica e tutto il resto per poter gestire le gare. In astratto, tutto giusto quindi. Ma nella pratica, bisogna considerare cosa rappresentano realmente i consorzi di urbanizzazione. Che sono nati in maniera spontanea, quando i nuclei abitativi ex abusivi si sono messi in regola. Aderendo a specifici programmi di recupero urbano. E con i soldi raccolti dai consorziati, si sarebbero dovuti realizzare fognature, marciapiedi, illuminazione e quant’altro necessario per dare dignità anche a questi insediamenti. Attualmente parliamo di lavori per circa 10 milioni di euro di soldi privati. Per 14 nuclei ex abusivi da risanare. Ma almeno altri 50 milioni attendono di essere sbloccati. Solo che con le nuove regole imposte dal Campidoglio, i consorzi sono fermi. Allora ecco che la nuova delegata Federica Angeli ha convocato una riunione urgente. Per cercare di risolvere il problema. Ma la soluzione trovata non ha convinto il Coordinamento della nuova periferia, che racchiude molti consorzi. E che ha parlato di proposte tardive e pasticciate.
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I consorzi sul piede di guerra. Assurdo dare i nostri soldi al Comune, le opere ce le facciamo da soli
Il motivo del contendere tra il Campidoglio e i consorzi per la realizzazione delle opere di urbanizzazione nelle periferie romane è presto detto. E riguarda la gestione delle future gare. Per portare luce, acqua e fognature anche in queste zone della città. Una delibera di giunta obbligherebbe infatti gli stessi consorzi ad adeguarsi alle prescrizioni contenute nel nuovo codice degli appalti. Cosa che molti presidenti hanno giudicato eccessivamente onerosa e molto difficile da realizzare. Tanto che in Aula Giulio Cesare, quella delibera di giunta non c’è mai arrivata. Adesso però la neo delegata alle periferie Federica Angeli ha proposto una nuova ‘road map’. Che prevede l’obbligo di mettersi in regola entro novanta giorni. Trascorsi i quali, le somme raccolte dai consorziati dovrebbero transitare direttamente nelle casse capitoline. Con il Comune che farebbe da stazione appaltante per le gare. Ed è questo che spaventa un po’ tutti. Perché tra i tempi lunghi della burocrazia e le casse vuote del Campidoglio, c’è chi teme che le opere possano non partire mai. E che i soldi finiscano nel calderone generale. E non sui singoli territori. Che aspettano e che di quelle infrastrutture hanno urgente bisogno.
La presidente del Municipio VII Monica Lozzi contro la Raggi. Anche sui lavori nelle periferie fa solo propaganda
E oltre alla protesta dei consorzi, anche la presedente del Municipio VII Monica Lozzi ha voluto dire la sua. Ex grillina, e in rotta totale con la Raggi, la Lozzi ha bocciato senza mezzi termini l’approccio del Campidoglio verso le opere pubbliche da realizzare nelle periferie romane. “Ennesimo comunicato propagandistico della sindaca Raggi – ha attaccato la Lozzi. Che rivendica il merito di aver sbloccato 10 dei 50 milioni di euro dei fondi delle Associazioni Consortili di Recupero Urbano (ACRU) per realizzare opere pubbliche primarie nelle periferie romane. Peccato che il non aver tenuto conto di alcuni tecnicismi più volte suggeriti in cinque anni di incontri, come ad esempio chi pagherà l’Iva oppure con quali fondi verranno pagati i progetti definitivi da mettere a bando, non permetterà lo sblocco proprio di nulla”. Conclude Lozzi: “Questi 50 milioni di euro sono fermi nelle casse delle Acru (Associazione dei consorzi per il recupero urbano ndr). E niente sarà fatto nelle periferie perché la giunta Raggi in cinque anni non è stata capace di procedere all’adeguamento normativo della delibera che norma il funzionamento di questi consorzi“.
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