Pini di Roma, riparte l’allarme sulle potature. E le associazioni scrivono al sindaco

Parlano esplicitamente di “dannose potature” che ne “compromettono la stabilità e la longevità”. E chiedono di puntare, con sempre maggiore convinzione, sui trattamenti endoterapici. Salviamo il paesaggio di Roma e del Lazio, l’associazione Amici di villa Pamphilj, il comitato Villa Glori e decine di altre realtà hanno scritto al sindaco di Roma. Per chiedere da parte del Campidoglio, una maggiore attenzione nei confronti del Pinus pinea, il pino comune. Un vero simbolo della capitale.

I pini non possono essere abbandonati

Roma, con i suoi 330mila alberi, rappresenta anche un patrimonio forestale che non ha eguali in altre capitali europee. E’ una ricchezza dal punto di vista ambientale e del paesaggio che va salvaguardata è protetta. Investendo sulla manutenzione delle piante già esistenti più che sulla messa a dimora di nuovi esemplari. Ed è questa una regola che riguarda soprattutto i pini, come ricordano le associazioni firmatarie della lettera indirizzata al Campidoglio. Perchè  “un gigante di 80 o 100 anni” si legge nella lettera indirizzata all’attenzione di Gualtieri “non ha nulla a che fare con un Pinus pinea alto 2 metri, dell’età di 2 anni”.

Quelle potature troppo profonde e dannose

Una consistente quota di pini presenti in città, però, è stata attaccata dalla Toumeyella parvicornis, la cocciniglia tartaruga. Il parassita è un insetto robusto e quindi, il suo contrasto, si è rivelato particolarmente complicato. Perché non ha incontrato, sulla sua strada, dei predatori naturali. E perché, per individuare la strategia di contenimento più appropriata, è stato necessario prima avviare delle sperimentazioni. E poi approvarne,  anche dal punto di vista normativo, il loro ricorso.

La pratica migliore per contrastare la cocciniglia è stata individuata nel trattamento endoterapico con l’abamectina, un potente insetticida. Ma “le potature dei rami” hanno sottolineato le associazioni che hanno scritto al sindaco “riducono l’efficacia delle terapie” . Che invece rappresentano “l’unica priorità per la salvaguardia” di questa specie arborea. Peraltro  il pino romano, è stato sottolineato, “non necessita affatto di potature se non per la semplice rimonda del secco che va effettuata da esperti. Con cautela e mai durante il periodo della cura endoterapica”. Insomma, se vogliamo mantenere in ordine e sani i pini di Roma, bisogna cambiare passo. E le associazioni ambientaliste sono pronte a scendere in campo. A patto che qualcuno le voglia davvero ascoltare.