Porto di Nettuno, il Tribunale bacchetta il concessionario: “Nessuna modifica fino al 12 giugno 2061”

Porto di Nettuno, il Tribunale amministrativo bacchetta il concessionario privato: “Nessuna modifica fino al 12 giugno 2061”. Il Tar-Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha emesso una sentenza che segna un punto di svolta nella lunga e complessa vicenda riguardante il porto turistico di Nettuno. La decisione, con cui è stato respinto il ricorso presentato dalla società concessionaria contro il Comune di Nettuno che ha imposto uno stop urbanistico alle modifiche apportate agli immobili interni al porto, ribadisce il divieto di modifiche agli interventi edilizi fino alla scadenza naturale della concessione, fissata al 12 giugno 2061. A meno – certo – di specifici accordi di programma stipulati con lo stesso comune di Nettuno.
Porto di Nettuno, il tar del Lazio bacchetta il concessionario privato
Il porto turistico di Nettuno è stato oggetto di controversie legali e tecniche sin dalla sua concezione. La concessione demaniale marittima, originariamente stipulata nel 1983, è stata successivamente ampliata nel 2005 per includere nuove superfici e opere. Tuttavia, la gestione del porto è stata costellata di interventi edilizi e proposte di varianti che hanno sollevato dubbi sulla loro conformità urbanistica.

Nel caso specifico, il Comune di Nettuno aveva negato due richieste avanzate dalla società concessionaria: una sanatoria per lavori già eseguiti in difformità rispetto al permesso di costruire originario e una variante per interventi di redistribuzione volumetrica. Entrambe le richieste erano state ritenute non conformi agli strumenti urbanistici vigenti.
Il rigore della legge urbanistica e della sentenza del tar del Lazio
La sentenza del Tar si basa su una ricostruzione dettagliata delle vicende edilizie e urbanistiche legate al porto di Nettuno. I giudici hanno sottolineato che il progetto originale, approvato nel 1979 e realizzato negli anni successivi, era conforme alle normative urbanistiche dell’epoca. Tuttavia, le opere successive, eseguite o proposte in variante, non rispetterebbero tutti i vincoli stabiliti dal Piano Regolatore Generale e dal Piano Regolatore Portuale.
In particolare, è emerso che gli interventi contestati dalla società concessionaria, pur dichiarati come opere di ripristino o redistribuzione volumetrica, avrebbero introdotto modifiche sostanziali all’assetto generale del porto. Tali modifiche, secondo il Tar, avrebbero compromesso l’equilibrio urbanistico e ambientale dell’area, già regolamentata da rigide disposizioni.

Le conseguenze della sentenza
Con questa pronuncia, il Tar ha confermato la legittimità dell’operato del Comune di Nettuno. La società concessionaria, dunque, non potrà eseguire alcuna modifica al porto fino alla scadenza della concessione. La decisione rappresenta un chiaro monito sulla necessità di rispettare le normative urbanistiche e i vincoli imposti dalle autorità competenti.
La sentenza, inoltre, mette in evidenza il ruolo cruciale degli enti locali nella tutela del territorio e nella gestione delle concessioni demaniali. Il Comune di Nettuno, nel respingere le richieste della società, ha agito nel pieno rispetto delle leggi vigenti, garantendo la salvaguardia di un’area di grande valore strategico e ambientale.

Un futuro vincolato
La pronuncia del Tar sancisce, di fatto, uno status quo per il porto turistico di Nettuno fino al 2061. Ogni tentativo di modifica o intervento che non rispetti i parametri stabiliti sarà destinato a incontrare lo stesso rigore applicato in questa sentenza. La vicenda rappresenta un caso emblematico di come le concessioni demaniali possano diventare terreno di scontro tra interessi privati e pubblici, richiedendo un equilibrio che rispetti le esigenze di entrambe le parti.
La complessità del contenzioso, riconosciuta dagli stessi giudici, ha portato a una compensazione integrale delle spese legali tra le parti. Tuttavia, il messaggio della sentenza è chiaro: le regole urbanistiche non possono essere aggirate, nemmeno in presenza di concessioni di lunga durata. In ogni caso, il concessionario privato potrà ricorrere contro tale sentenza al Consiglio di Stato, secondo nonché ultimo grado della giustizia amministrativa.
