Processo Maricetta Tirrito, il supertestimone: “Indossava un passamontagna per videochiamare gli ‘americani’: diceva che era pericoloso farsi vedere”

Maricetta Tirrito
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È stata una testimonianza pesante, quella fornita oggi dall’ex “capo scorta” di Maricetta Tirrito, la 50enne palermitana sotto processo dopo che, in via Isernia ad Ardea, è stata scoperta quella che è stata soprannominata ‘la casa degli orrori‘.

Una quindicina di anziani, dei quali molti non autosufficienti e bisognosi di assistenza e cure mediche, che vivevano in una villetta tra sporcizia e incuria. E, dai racconti fatti proprio da alcuni degli ospiti, tra cui Gigliola Iannuzzi, anche malnutriti, visto che il cibo che veniva fornito era poco e di scarsa qualità.

La scorta ad ogni costo… senza costi

Maricetta voleva la scorta, lo aveva sempre detto. E non essendo riuscita a ottenerla a spese dello Stato, aveva assunto delle persone che le guardassero le spalle. Da chi ancora non si è capito, visto che – effettivamente – dietro tutte le presunte minacce e aggressioni ai suoi danni non si è mai scoperto esserci stato nessuno. Anzi, nel 2001 era stata condannata a quattro mesi di reclusione per simulazione di reato e procurato allarme proprio perché, secondo il Tribunale di Palermo, si era inventata minacce e aggressioni da parte di fantomatici esponenti mafiosi proprio per farsi dare la scorta. Salvo poi scoprire che si era graffiata il volto da sola.

E allora ecco i bodyguard privati. Pagati da un fantomatico Co.gi., un’associazione di pentiti che combatterebbero appunto contro la mafia. Gente che solo a nominarla dovrebbe mettere paura. E infatti non si riesce a capire chi sia. Né cosa sia. E non lo capisce neanche il responsabile della scorta, che – da quanto gli viene detto da Maricetta, deve dipendere proprio dal Co.gi.

Ma l’uomo, in quasi un anno di servizio, non solo non riesce a vedere mai nessuno di questa associazione. Ma alla fine neanche lo pagano più, nonostante sia stato a disposizione della Tirrito giorno e notte. “Devo ancora recuperare 9 mila euro, che per una persona come me, con disabili a carico, sono tantissimi”, dichiara.

Aula con il fiato sospeso

Ma ecco che l’uomo racconta quello che faceva durante i suoi lunghissimi turni di lavoro. Quando restava con la Tirrito intere giornate. “A volte parlava in videoconferenza con ‘gli americani’. Ma siccome diceva che erano tutti collaboratori di giustizia e lei per tutelarsi non poteva farsi vedere, per non correre rischi, per collegarsi si metteva in testa un passamontagna“.

“Ma come un passamontagna? È sicuro?”, ha chiesto il pubblico ministero, incredulo di fronte a una ‘pratica’ così anomala, mentre in aula si è sentito un “ohhhhh” di sottofondo. “Certo, ne sono sicuro”, ha risposto il teste. L’unica a mantenere un’espressione dura sarebbe stata l’imputata. “Prendevo il passamontagna dal cassetto dell’auto, dove stava di solito, e glielo davo qualche attimo prima che si collegasse”, ha spiegato il testimone tra l’incredulità generale. E, mentre l’uomo parlava, c’era chi tratteneva il fiato.

Il denaro portato in Sicilia e le bugie nella trasmissione Rai

Ma quella del passamontagna non è stata l’unica rivelazione shock dell’ex guardia del corpo. “Ero costretto a portare addosso pacchetti con dei soldi in contanti quando andavamo sia in Sicilia che in altre parti d’Italia. Migliaia di euro, sia io che il mio collega. Io le dicevo che non avrei saputo giustificare tutti quei soldi, se mi avessero fermato. Lei rispondeva che servivano per affrontare le spese del soggiorno e degli eventi che si svolgevano durante le trasferte”.

L’uomo ha anche raccontato di essere stato ospite di un servizio al telegiornale, in Rai. “Era un servizio completamente falso”. La guardia del corpo ricostruisce l’accaduto. “Nel servizio è stato detto che la Loconte, che si vedeva di spalle, era una ristoratrice sotto usura. Cosa finta, perché non ha mai avuto nessun locale. Io invece, nella stessa intervista, ero stato costretto a dire che facevo parte del Co.gi., sempre per far rendere reale questa storia della protezione antimafia”.

Le false deleghe e la casa di Luigi svuotata

Maricetta Tirrito, che è accusata di aver attinto ai conti degli anziani attraverso false deleghe, che consentivano sia a lei che alle altre persone coinvolte di entrare nei loro conti, è stata vista – e filmata – entrare nella casa di Luigi Bonomo, il 73enne morto a pochi giorni di distanza dal blitz effettuato nella casa di via Isernia. Dell’anziano, che aveva una villetta ad Anzio, da tempo avevano perso i contatti i vicini di casa, che erano praticamente diventati la sua famiglia da quando la moglie era morta.

Per questo proprio i vicini, vedendo quella donna, insieme ad altre 3 persone, entrare nella casa di Luigi e uscirne con televisori e altri oggetti, si erano insospettiti al punto da voler chiamare le forze dell’ordine. E discutere animatamente sia con Maricetta che con la guardia del corpo. Che ha confermato quanto successo all’interno della casa. “Sono stati presi diversi oggetti, tra cui due televisori. È stata aperta la cassaforte e preso il contenuto, tra cui delle monete. Credo fossero di grande valore“.