Su Ruby ragione a Silvio Berlusconi. Quella telefonata…
Me la ricordo come fosse oggi quella telefonata di Silvio Berlusconi. Era il 2010, sui quotidiani campeggiava il caso Ruby.
Io e lui avevamo un appuntamento telefonico alle 13,30 e, puntuale come al solito, mi cercò attraverso il centralino di Palazzo Chigi. Ma il tono di voce era strano, arrabbiato, mai lo avevo sentito così: “Francesco, questa inchiesta durerà anni”. E aveva ragione. Vicino a lui c’era il compianto avv. Ghedini, e Silvio mi disse, comunque gentile come di consueto: “Ci sentiamo in un altro momento, per favore”.
Ci mancherebbe. Peccato, perché quella mattina avevo lavorato a dossier politici da consegnargli, si ricominciavano a tessere rapporti tra Berlusconi e La Destra che poi culminarono con la nomina di Nello Musumeci al governo.
Sorpresa. Dopo qualche ora mi telefonò Marinella, la mitica segretaria di Silvio Berlusconi, che mi chiese – con mia sorpresa – di recarmi di lì a poco a Palazzo Grazioli “per incontrare il Dottore”. E “mi raccomando, i soliti venti minuti”.
Dopo i primi commenti al caso del giorno, parlammo subito di politica. Con serenità, anche se l’amarezza traspariva.
Tanti anni dopo mi viene da chiedere ai custodi del cavillo – che stavolta sono quelli che non accettano la sentenza di assoluzione – che cosa ne pensano di magistrati che interrogano testimoni che invece dovrebbe essere ascoltati con l’avvocato perché imputati.
Nel processo le regole sono il fondamento dello Stato di diritto. E se un magistrato sbaglia in maniera così grossolana, davvero può continuare a fare il suo mestiere?
A causa di quell’inchiesta, il governo Berlusconi fu buttato giù e da allora ci toccarono esecutivi mai votati dal popolo italiano, fino a quello di Giorgia Meloni, che invece i cittadini hanno incoronato premier. Ma non è giusto che la “giustizia” abbia potuto determinare prima il linciaggio e pochi mesi dopo la fine di quel governo. Ecco perché spero davvero che si faccia piazza pulita, i giochi politici in toga non si sopportano più.