Una truffa pro-droga quel referendum, Arlacchi ha ragione
Delirante, l’ha definito Pino Arlacchi, già presidente della fondazione Giovanni Falcone e negli anni scorsi esperto Onu contro la droga.
Vale la pena di soffermarsi sugli argomenti che fanno a pezzi il referendum per legalizzare la cannabis: “Sono stati raggirati oltre seicentomila cittadini italiani”.
Droga per le mafie, denuncia Arlacchi
Altro che piccole piantine per uso personale, altro che depenalizzazione di piccole quantità. Arlacchi è andato a verificare – con un complicato studio delle norme in via di abrogazione – che cosa vogliono i referendari e ha raccontato al “Fatto quotidiano” come ha scoperto che in realtà la proposta fa proliferare la droga.
Due dei tre quesiti proposti ai cittadini frodano spudoratamente il loro lettore.
“Il primo quesito non consente semplicemente di coltivarsi un paio di piantine in casa propria, esso abolisce sic et simpliciter il divieto di coltivare qualunque pianta stupefacente in qualunque ordine di quantità in qualunque posto designato: libertà di coltivare oppio, coca e cannabis. A volontà e ovunque”. Per la gioia di spacciatori e trafficanti di stupefacenti, dunque.
I quesiti sono un autentico imbroglio
Andiamo ancora peggio col secondo quesito. Il secondo quesito – spiega il professore – “non depenalizza soltanto la vendita di piccole quantità di cannabis, ma toglie ogni sanzione penale per qualunque reato collegato alla stessa. Il mercato viene legalizzato da cima a fondo”.
Tutto questo consentirebbe a quelli che Arlacchi definisce “i network mafiosi” di mantenere inalterato il loro potere criminale. E non avrebbero nemmeno bisogno di cercare cocaina prodotta in Colombia ed eroina in Afghanistan.
Basterebbe più facilmente la droga a chilometro zero, tanto per usare un gergo ormai familiare. Non ci sarebbe più “il disturbo di andarsi a cercare le materie prime in posti lontani e di negoziare logistica e prezzi con i narcos o le mafie mediorientali”.
La partita la vincerebbero ‘ndrangheta, camorra e mafia sul mercato interno.
“Fa ridere”, accusa Arlacchi, “l’argomento che, dato il via libera alla coltivazione di tutti gli stupefacenti, il mantenimento del divieto di raffinazione e commercio delle droghe pesanti sia in grado di stoppare il comando criminale del loro mercato. Una sorveglianza efficace delle coltivazioni ex-illecite sul territorio nazionale sarebbe impossibile perché richiederebbe un apparato mostruoso, pari alle dimensioni dell’esercito italiano”.
Un capolavoro che provocherebbe solo danni enormi alla nostra Nazione e al contrasto del mercato della droga. Altro che referendum, occhio!