Riforme, chi si siede al tavolo vince. E il Pd rischia di finire nell’angolo

Certo, le emergenze sono altre. Il prezzo dell’energia schizzato alle stelle, mentre l’Europa non decide. Le bollette che si stanno abbattendo come una mannaia su imprese e famiglie. La guerra, e la pandemia. Meno grave, ma non ancora sconfitta. Ce n’è abbastanza, per riflettere se mettere altra carne al fuoco. Anche perché c’è da rintuzzare chi da oltralpe pretenderebbe ancora di dare patenti di affidabilità e legittimità democratica. Giorgia Meloni è intervenuta da par suo, contro le esternazioni della ministra francese agli Affari europei Laurence Boone. Che ripetendo lo stesso errore della Von der Leyen, avrebbe affermato che la Francia vigilerà sui diritti e le libertà democratiche nel nostro Paese. La musica è cambiata, ha chiarito la presidente del Consiglio in pectore. E l’Italia non è più sotto tutela. Silenzio del Pd, ma Carlo Calenda si è fatto sentire. E ha twittato, ‘brava Giorgia’. Solidarietà nazionale, oltre gli schieramenti. Che rimangono giustamente contrapposti. Ma si tratta di uno schema che potrebbe aiutare a far decollare finalmente anche il tavolo delle riforme. Magari in un clima più tranquillo. Difficile con una Assemblea costituente, più facilmente con una commissione bicamerale. E se il Pd si chiama fuori, rischia di perdere un altro treno. Che potrebbe essere l’ultimo.

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Le riforme non sono più un tabù

Il tema delle riforme non sembra essere più un tabù. È nota la posizione di Fratelli d’Italia, che spinge per il presidenzialismo. Magari da affiancare con una maggiore autonomia, tema caro alla Lega. Ma fino ad ora, da sinistra sembrava esserci solo un muro. Costituzione intoccabile, anche nella seconda parte. Quella cioè, che non riguarda i principi fondamentali. Ma il funzionamento dello Stato, nelle sue diverse articolazioni. Anche di livello locale. Ora però, qualcosa potrebbe cambiare. Il 27 settembre, appena dopo il voto, Calenda ha dichiarato all’Adn Kronos: “Meloni avrà la nostra opposizione, voteremo contro la fiducia. Ma se chiederà un tavolo per fare insieme le riforme costituzionali, noi ci saremo. Perché siamo sempre pronti a riscrivere insieme le regole”. Ecco, due segnali non sono una prova. Ma valgono più di un indizio. E se il Pd lacerato si farà scavalcare anche sul tavolo delle riforme, sul Nazareno rischia davvero di essere notte fonda.