Omicidio Diabolik, il presunto assassino si dichiara innocente. La Procura insiste: “È stato lui”
Omicidio Diabolik, il presunto assassino si dichiara innocente. La Procura insiste: “È stato lui”. Si complica il caso relativo all’omicidio di Fabrizio Piscitelli, noto nell’ambiente criminale romano con il soprannome di “Diabolik”. Nel corso dell’ultima udienza, il principale accusato ha presentato un memoriale in cui afferma con decisione la propria innocenza, rigettando ogni accusa e ricostruendo una propria versione dei fatti. Tuttavia, la Procura rimane ferma sulle proprie posizioni, insistendo che l’uomo sia il responsabile dell’omicidio, e portando avanti una linea investigativa che si basa su nuovi elementi emersi nel corso delle indagini.
Omicidio Diabolik, il presunto assassino si dichiara innocente
Il delitto di Piscitelli, avvenuto nell’agosto 2019 in un parco romano, ha suscitato grande scalpore, non solo per la notorietà della vittima, ex capo ultrà della Lazio, ma soprattutto per il suo coinvolgimento nei traffici illeciti della criminalità organizzata. La figura di Piscitelli era centrale nel narcotraffico capitolino, operando sotto l’ala del potente clan Senese, una delle famiglie mafiose più influenti della capitale. Il movente dell’omicidio, secondo gli inquirenti, è riconducibile proprio a una lotta di potere interna a questo ambiente, dove gli interessi economici e i rapporti di forza tra i vari gruppi avrebbero portato a frizioni irreparabili.
La Procura e gli investigatori insistono: “È stato lui”
Una recente informativa dei carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci e della Squadra Mobile, datata 21 ottobre, conferma la pista principale seguita dagli investigatori: prima dell’agguato che ha portato alla morte di Piscitelli, si erano verificati degli attriti insanabili tra il gruppo della vittima e quello di Giuseppe Molisso, anch’egli legato al traffico di stupefacenti nella Capitale e sotto l’influenza del clan Senese.
Piscitelli era sempre più influente
L’informativa sottolinea come la crescente influenza di Piscitelli negli affari illeciti degli ultimi anni, unita alla sua ingerenza in questioni delicate senza l’autorizzazione dei vertici del clan, abbiano rappresentato un punto di rottura. In particolare, si fa riferimento a un summit avvenuto a Grottaferrata, dove Piscitelli avrebbe agito in maniera autonoma, contravvenendo agli accordi economici con il clan. Questo atteggiamento, sommato alla sua ascesa nel mondo criminale, avrebbe scatenato l’astio del gruppo rivale, portando alla decisione di eliminarlo.
Le indagini rafforzano le tesi della Procura
Le testimonianze raccolte nel corso delle indagini rafforzano ulteriormente questa tesi. I fratelli Capogna, coinvolti a vario titolo nei traffici del gruppo Piscitelli, hanno confermato l’esistenza di una forte ostilità tra il loro sodalizio e quello guidato da Molisso. Secondo quanto emerso dalle loro deposizioni, la tensione era palpabile da tempo, e la morte di Piscitelli sarebbe il culmine di una serie di conflitti interni legati alla spartizione dei profitti derivanti dal narcotraffico. I fratelli Capogna hanno inoltre indicato come Molisso e altri esponenti del suo gruppo, tra cui Leandro Bennato e Alessandro Capriotti, avessero nutrito un rancore sempre più profondo nei confronti di Piscitelli, ritenendolo un ostacolo alle loro attività criminali.
Calderon: “Io, estraneo ai fatti”
Nonostante le prove raccolte e le ricostruzioni fornite dagli investigatori, l’uomo accusato di essere il killer continua a dichiararsi estraneo ai fatti. Il memoriale depositato in udienza rappresenta un tentativo di confutare la versione fornita dalla Procura, ma per gli inquirenti le evidenze finora emerse confermano senza ombra di dubbio la sua colpevolezza. L’inchiesta, infatti, sembra essere ben avviata verso una conclusione che, sebbene non definitiva, getta luce su un intricato intreccio di relazioni mafiose e traffici illeciti che hanno condizionato la vita criminale della capitale negli ultimi anni.
Il caso dell’omicidio di Diabolik, dunque, appare sempre più legato a dinamiche interne alla malavita romana, dove gli equilibri tra le diverse fazioni criminali possono cambiare rapidamente, e dove il tradimento o la violazione dei patti può avere conseguenze letali. Le indagini proseguono, ma la Procura è convinta di aver identificato il responsabile, nonostante la sua ferma dichiarazione di innocenza.