Roma ai tempi del Giubileo: basta una pioggia (con uno sciopero) e la città va in tilt
Una giornata infernale, quella che ha vissuto la Capitale, alle prese con una serie infinita di disservizi causati dal maltempo e dallo sciopero. A denunciare tale situazione, il giornalista Claudio Menafra, attraverso un racconto che mescola ironia e amarezza, in cui si sente la frustrazione ma anche una certa rassegnazione, tipicamente capitolina. Un racconto dove l’autore ha messo in evidenza non solo le difficoltà logistiche e infrastrutturali, ma anche la condizione psicologica di chi ogni giorno vive questa “lotta per la sopravvivenza urbana”.
Dalla Roma eterna alla Roma quotidiana
Roma. Un impero durato secoli, una storia con la esse maiuscola. E poi la filosofia, le humanae littarae, le opere d’arte, le conquiste. Cosa potrebbe mai fermare l’Urbs caput mundi? I barbari? No, non c’è bisogno, basta una pioggia torrenziale che dura più del dovuto ad incasinare tutto, a gettare i cittadini in una frustrazione disumana per colpa di una logistica infernale in cui nessuno ormai ci si raccapezza. C’è da dire, poi, che Roma è anche abbastanza fortunata dal punto di vista meteorologico, perché piove poche volte all’anno. Ma quelle poche volte bastano a creare danni. Forse è proprio questa la ragione, forse non siamo abituati direbbe qualcuno. Ma sarebbe falso, semplicistico. La verità è ben altra.
La Roma eterna e la Roma quotidiana
La verità è che il traffico è soporifero anche con il sole che splende alto nel cielo. La verità è che il Giubileo e i suoi lavori lo stanno pagando amaramente tutti i cittadini con il loro sudore, la loro rabbia e i loro continui ritardi a lavoro – all’andata – e a casa dalla famiglia – al ritorno. Del resto non abbiamo mai smesso di pagare per le nostre indulgenze.
Il traffico come metafora kafkiana
Una volta a casa, poi, soltanto qualche ora di sonno e alienazione, e il mattino seguente riparte un’altra estenuante giornata kafkiana. Dovremmo chiedere forse al nostro datore di lavoro di conteggiare anche le ore che trascorriamo in mezzo al traffico, ma sarebbe la rovina di molte aziende capitoline. O forse dovremmo chiedere un rimborso di questa vita perduta tra asflato e smog all’Atac, al Campidoglio. Nella giornata di oggi – venerdì 13, un caso? – si è quasi sfiorata la guerra civile ad ogni semaforo, ad ogni incrocio. La tratta che da Porta Maggiore porta verso il nord della città, quartieri come ad esempio Parioli, è in una condizione indecente: i tram alle volte scompaiono e vengono sostituiti da pochi sparuti autobus. E se ricompaiono lo fanno solamente per giocarti un brutto scherzo: per cambiare tragitto, fermate e destinazioni.
Un’odissea moderna
E’ un girone infernale dove bisogna sperare che qualcuno abbia l’informazione giusta per poter arrivare a lavoro. In particolare, sono state due le zone maggiormente congestionate da questo carnevalesco e malefico miscuglio di variabili odierno: Porta Maggiore, dove a partire dalle 17.30 non si avanzava di un millimetro e ad ogni spazio conquistato bisognava cercare di non rischiare l’impatto con le altre auto; e poi Pigneto, Ponte Casilino, un ingolfo dove scooter e monopattini in preda all’anarchia hanno iniziato a creare nuove leggi stradali. I vigili – poveri anche loro – nulla hanno potuto contro la grande massa meccanica di automobili che sgasavano ovunque.
Bloccati in auto per ore
Fermi in auto per ore ed ore, con tanto di carroattrezzi per gli urti o le macchine ingolfate e ambulanze a sirene spiegate che non riuscivano a passare in nessun modo. Alle volte la rissa si è sfiorata per davvero, ma i contendenti per la pioggia non sono riusciti a resistere più di tanto fuori dalle loro vetture. Alla fine c’è chi ancora deve rientrare e che forse sperava di passare un venerdì di meritato riposo dopo una settimana di fatiche. Un altro giorno di ordinaria follia, come tanti altri passati e – purtroppo – tanti altri a venire. A domani, alla prossima lotta per gli orari, per l’autobus, per il parcheggio, per il lavoro, per la vita.