Roma, Alessia Sbal travolta sul GRA, al processo la rabbia dei familiari: “Questa non è Giustizia”. Poi le scuse

Roma, era la sera del 18 dicembre 2022 quando Alessia Sbal, 42 anni, venne travolta da un tir sul Grande Raccordo Anulare, all’altezza dell’uscita Casalotti-Boccea. Il conducente del mezzo pesante, Flavio Focassati, non si fermò a prestare soccorso, fuggendo per decine di chilometri prima di essere intercettato dalla Polizia Stradale. Un dramma che ha lasciato una famiglia distrutta e un processo ancora in corso, con una richiesta di riduzione della pena che ha scatenato l’indignazione dei parenti della vittima.
La richiesta di riduzione della pena
Condannato in primo grado a otto anni di reclusione per omicidio stradale aggravato dalla fuga e dall’omissione di soccorso, Focassati ha presentato appello. La difesa ha avanzato una richiesta di concordato per ridurre la pena a sei anni, mentre il procuratore generale ha chiesto l’assoluzione dall’accusa di omissione di soccorso. Secondo il magistrato, Alessia sarebbe morta sul colpo e quindi l’assistenza sarebbe stata inutile. Una tesi che ha fatto esplodere la rabbia dei familiari, in particolare della sorella Ilaria Sbal.

L’indignazione della famiglia
Durante l’udienza in Corte d’Appello a Roma, la sorella della vittima ha interrotto la discussione esprimendo il proprio sdegno: “Mia sorella non è morta sul colpo, così passa il messaggio che si può investire qualcuno e scappare“. Un intervento che ha costretto la Corte a sospendere l’udienza per riportare la calma. La reazione della donna, seppur forte, testimonia il dolore di chi ha perso un proprio caro in circostanze tanto tragiche e ora si sente tradito dal sistema giudiziario.
La ricostruzione dei fatti
Alessia Sbal e Focassati si erano fermati in una piazzola d’emergenza del Gra dopo una collisione tra i loro veicoli. La donna, nel tentativo di ottenere aiuto e segnalare l’incidente, aveva chiamato i soccorsi fornendo la targa del camion. Fu proprio in quel momento che il tir ripartì investendola. Alcuni testimoni raccontarono di aver inseguito il mezzo per fermarlo, subendo persino un tentativo di speronamento da parte del conducente. Focassati venne fermato dalla Polstrada 38 chilometri più avanti.
L’attesa della sentenza
La discussione in aula si è chiusa con il rinvio della decisione ad aprile. La famiglia Sbal attende con ansia il verdetto, sperando che la giustizia riconosca appieno le responsabilità del camionista. La richiesta di riduzione della pena e l’eventuale assoluzione dall’omissione di soccorso restano punti controversi, che potrebbero influenzare il futuro delle sentenze su casi simili.
Un caso simbolo
Oltre il dolore della famiglia, questa vicenda solleva interrogativi più ampi sulla sicurezza stradale e sulle conseguenze legali per chi si rende responsabile di simili tragedie. L’opinione pubblica osserva con attenzione lo sviluppo del caso, temendo che un eventuale sconto di pena possa rappresentare un pericoloso precedente. Nel frattempo, i familiari di Alessia Sbal continuano la loro battaglia, chiedendo giustizia per una vita spezzata troppo presto.