Roma, armato di coltello si scaglia contro la polizia dopo aver danneggiato 17 auto sulla Tiburtina

polizialocale_sulpl

Ennesimo atto di ordinaria follia urbana nella Capitale. All’alba, in una città che sonnecchiava prima del risveglio, un cittadino lituano di 33 anni, già noto alle forze dell’ordine per una sfilza di reati, è stato sorpreso da una pattuglia della Polizia Locale del II Gruppo, mentre infrangeva i vetri delle auto in sosta in via della Lega Lombarda, all’altezza di Via Tiburtina.

Alla vista degli agenti, diretti dal dottor Massimiliano Fanelli, l’uomo ha estratto un coltello, costringendo i “caschi bianchi” a richiedere rinforzi. Solo l’intervento congiunto di ulteriori pattuglie della locale e della polizia di stato ha evitato il peggio. L’aggressore è stato fermato dopo una colluttazione e l’utilizzo di spray urticante. Un bilancio che ha registrato ben 17 auto danneggiate e un’altra giornata che avrebbe potuto trasformarsi in tragedia.

Sistema di sicurezza che mostra le sue falle

L’ennesimo episodio che attesta un sistema di sicurezza che mostra le sue falle, con una forza di polizia non riconosciuta come tale, e una classe politica che da quarant’anni promette una riforma mai realizzata. La rabbia dei sindacati è palpabile. «Episodi come questo dimostrano come le Polizie Locali, ormai forza prevalente nelle grandi metropoli, svolgano a tutti gli effetti compiti da Forza di Polizia, senza purtroppo essere giuridicamente riconosciute come tali», ha dichiarato Marco Milani, Segretario romano del SULPL (Sindacato Unitario Lavoratori Polizia Locale). Una denuncia chiara e netta, che punta il dito sulla mancata menzione delle Polizie Locali nel nuovo Decreto Sicurezza, un’assenza giudicata “imperdonabile”.

E il collega Paolo Emilio Nasponi dell’UGL rincara la dose: «La mancanza di una legge di riforma, attesa da quasi quarant’anni, pone i nostri agenti allo sbaraglio in una città profondamente cambiata nelle dinamiche di sicurezza. Si chiede di fare i poliziotti a quelli che sono a tutti gli effetti impiegati comunali».

Sicurezza urbana in crisi

Non è solo una questione di etichette. Parliamo di formazione, strumenti, tutele giuridiche e previdenziali, di dispositivi di autodifesa, di dotazioni tecnologiche. Mentre le città si fanno sempre più complesse e pericolose, chi è chiamato a pattugliarle spesso lo fa con mezzi inadeguati, orari massacranti e senza il riconoscimento formale di ciò che effettivamente fa: mantenere l’ordine pubblico.

Il paradosso è evidente: la polizia locale viene impiegata in operazioni ad alto rischio – come l’arresto di un uomo armato in strada – ma resta formalmente inquadrata come corpo amministrativo, legato al Comune, senza il pieno status giuridico delle altre forze dell’ordine.

Riforma della legge quadro 65/1986

Se i sindacati chiedono da anni una riforma della legge quadro 65/1986, è perché il mondo nel frattempo è cambiato. Le città sono diventate teatri di tensioni sociali, crisi economiche, illegalità diffusa. In questo contesto, le Polizie Locali sono spesso la prima linea di contatto con il degrado urbano, ma anche il bersaglio più facile.

Il problema non è più rinviabile: occorre decidere se le polizie locali debbano continuare a essere un ibrido istituzionale, o se sia il momento – politicamente e giuridicamente – di fare chiarezza, fornendo status, strumenti e riconoscimento.

Ogni aggressione, ogni accoltellamento, ogni colpo di spray urticante sparato per sopravvivere è un promemoria inquietante: la sicurezza non si garantisce con le promesse. Serve una visione sistemica e il coraggio di superare i confini dell’indifferenza politica.

Finché continueremo a chiamare “vigili urbani” chi oggi rischia la vita come un agente di PS o un carabiniere, non sarà solo una questione di semantica: sarà l’ennesima ferita alla dignità di chi serve lo Stato sul campo, senza tutele, senza onori, e troppo spesso, senza nemmeno il rispetto dovuto.