Roma, autista truffava l’Atac con certificati falsi sulle malattie del figlio: licenziato

Un bus Atac al centro di Roma

Un autista dell’Atac è stato definitivamente licenziato dopo aver presentato certificati medici falsi per giustificare le assenze dal lavoro, legate a presunte malattie del figlio. La vicenda, che ha tenuto banco per anni tra i tribunali, ha trovato ora la sua conclusione con la sentenza della Cassazione, ultimo grado della Giustizia italiana, che ha confermato definitivamente ed in modo irreversibile la legittimità del licenziamento imposto dall’azienda capitolina.

Roma, autista truffava l’Atac

A insospettire i vertici dell’azienda erano state alcune anomalie riscontrate in tre certificati medici presentati dall’autista nel 2016 e nel 2018. In particolare, due delle dichiarazioni sostitutive allegate ai certificati risultavano praticamente identiche, con le stesse firme ma date diverse. Un particolare che non è sfuggito ai controlli interni dell’Atac.

I certificati falsi sulle malattie del figlio

Le indagini hanno rivelato un vero e proprio castello di bugie costruito dall’autista per giustificare le proprie assenze. L’uomo, infatti, avrebbe presentato una documentazione medica palesemente falsificata, con l’obiettivo di trarre un ingiusto profitto.

Nonostante i ricorsi presentati dall’autista, sostenendo che i certificati fossero stati consegnati dal medico a sua moglie, la Cassazione ha rigettato le sue richieste. Secondo i giudici supremi, è stato proprio l’autista a trarre vantaggio dalla falsificazione dei documenti e a essere a conoscenza della loro falsità.

Con la Cassazione, crolla il castello di bugie

La sentenza della Cassazione rappresenta un precedente importante nel contrasto alle assenze ingiustificate sul lavoro. L’azienda di trasporti capitolina ha dimostrato di essere determinata a tutelare la propria immagine e a garantire un servizio efficiente ai cittadini.

Il messaggio è chiaro: chi cerca di ingannare l’azienda con certificati falsi rischia il licenziamento. L’Atac, come molte altre aziende, non tollererà più comportamenti scorretti che danneggiano l’intera collettività. La vicenda è stata ricostruita dal quotidiano La Repubblica e da noi qui ricostruita.