Roma, delitto di via Poma, una collega di Simonetta Cesaroni non firmò il foglio-presenze

A sinistra, Simonetta Cesaroni, a destra il foglio presenze in cui manca la firma della sua collega, che avrebbe dovuto firmare prima di staccare da lavoro quel fatidico pomeriggio
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Roma, delitto di via Poma, una collega di Simonetta Cesaroni non firmò il foglio-presenze: il delitto di Simonetta Cesaroni, la giovane di Genzano ai Castelli Romani, avvenuto il 7 agosto 1990 negli uffici di via Poma, continua a far parlare di sé, alimentando interrogativi e misteri irrisolti. Uno dei dettagli che emergono in questo caso intrigante è la mancanza di una firma nel foglio delle presenze di quel giorno, un elemento che potrebbe rivelarsi cruciale per le indagini.

Delitto di via Poma, una collega di Simonetta Cesaroni non firmò il foglio-presenze

Il foglio delle firme, utilizzato dai dipendenti dell’ufficio per documentare i loro ingressi e uscite, è un documento di routine, una prassi consolidata che garantiva la registrazione della presenza sul luogo di lavoro. Tuttavia, in quella fatidica giornata, la casella corrispondente all’uscita di Giuseppina Faustini, un’impiegata dello stesso ufficio di Simonetta, risulta inspiegabilmente vuota. Pur avendo annotato il proprio ingresso, Faustini non ha completato la registrazione della sua uscita, un fatto che ha suscitato il sospetto di alcuni investigatori sin dai primi momenti dopo il delitto.

Ancora misteri, attorno a quel maledetto pomeriggio

Simonetta Cesaroni fu trovata priva di vita, vittima di 29 coltellate inflitte con un oggetto affilato, probabilmente un tagliacarte. Le circostanze della sua morte rimangono avvolte nel mistero, e la mancanza della firma di Faustini ha alimentato congetture sul suo possibile coinvolgimento o su ciò che potrebbe aver osservato prima di lasciare l’ufficio. La donna aveva dichiarato di aver lasciato il lavoro alle 14.15, ma non è stata in grado di fornire alcuna prova documentale della sua uscita.

Le dichiarazioni iniziali

Le dichiarazioni iniziali di Faustini sono state ritenute contraddittorie, in particolare quando ha affermato di non aver conosciuto Simonetta, se non di sfuggita. Questo ha sollevato ulteriori domande, poiché entrambe lavoravano negli stessi uffici, in ruoli che, seppur distinti, potevano facilmente incrociarsi. Le discrepanze nelle sue affermazioni hanno attirato l’attenzione degli inquirenti, che hanno iniziato a considerare la possibilità che Faustini avesse assistito a qualcosa di significativo, che potesse rivelarsi determinante per il caso.

Anche il pubblico ministero Roberto Cavallone, che all’epoca delle indagini seguiva il caso, ha messo in evidenza la mancanza di coerenza nelle dichiarazioni di Faustini, suggerendo che la sua omissione della firma potesse indicare che fosse rimasta in ufficio oltre l’orario stabilito. Secondo Cavallone, questa circostanza avrebbe potuto significare che Faustini era presente durante o dopo l’omicidio, potenzialmente testimone di eventi cruciali.

I foglio conservati da una collega

In aggiunta, i fogli delle firme, conservati da una collega, Luigina Berrettini, potrebbero ora diventare parte integrante delle indagini in corso. La documentazione potrebbe offrire nuovi spunti per ricostruire la cronologia degli eventi e far luce su un delitto che ha segnato profondamente la cronaca italiana e che, a distanza di oltre trent’anni, continua a rimanere irrisolto, alimentando una serie di interrogativi che cercano ancora risposta.

Il delitto di Simonetta Cesaroni, avvenuto il 7 agosto 1990 negli uffici di via Poma, continua a far parlare di sé, alimentando interrogativi e misteri irrisolti. Uno dei dettagli che emergono in questo caso intrigante è la mancanza di una firma nel foglio delle presenze di quel giorno, un elemento che potrebbe rivelarsi cruciale per le indagini.

Il foglio delle firme, utilizzato dai dipendenti dell’ufficio per documentare i loro ingressi e uscite, è un documento di routine, una prassi consolidata che garantiva la registrazione della presenza sul luogo di lavoro. Tuttavia, in quella fatidica giornata, la casella corrispondente all’uscita di Giuseppina Faustini, un’impiegata dello stesso ufficio di Simonetta, risulta inspiegabilmente vuota. Pur avendo annotato il proprio ingresso, Faustini non ha completato la registrazione della sua uscita, un fatto che ha suscitato il sospetto di alcuni investigatori sin dai primi momenti dopo il delitto.

29 coltellate

Simonetta Cesaroni fu trovata priva di vita, vittima di 29 coltellate inflitte con un oggetto affilato, probabilmente un tagliacarte. Le circostanze della sua morte rimangono avvolte nel mistero. E la mancanza della firma di Faustini ha alimentato congetture sul suo possibile coinvolgimento. O su ciò che potrebbe aver osservato prima di lasciare l’ufficio. La donna aveva dichiarato di aver lasciato il lavoro alle 14.15, ma non è stata in grado di fornire alcuna prova documentale della sua uscita.