Roma, Don Bosco torna a respirare: demolito il dehors di via Tuscolana


Il quartiere Don Bosco, nel Municipio VII di Roma, può finalmente tirare un sospiro di sollievo: è stato demolito il dehors abbandonato situato all’angolo tra via Tuscolana 969 e via Publio Valerio, da mesi occupato abusivamente da un giovane senzatetto. La struttura, un tempo parte di un ristorante chiuso, era diventata il simbolo del malessere urbano che in molti denunciano: un rifugio di fortuna realizzato tra cartoni, tavolini, sedie e uno stendino, in pieno marciapiede cittadino.

Degrado a Don Bosco: la difficile situazione del dehors occupato

La situazione, segnalata più volte dai residenti esasperati, era degenerata al punto da rendere la convivenza insostenibile. Il Comitato di Quartiere Appio Claudio Tuscolano ha rilanciato pubblicamente le denunce, parlando di “stato di emergenza permanente” e di un’assenza di risposte concrete da parte delle istituzioni.

Tra i comportamenti che hanno destato maggiore preoccupazione nel quartiere anche un episodio considerato inappropriato e potenzialmente offensivo avvenuto in presenza di una bambina, che ha reso necessario l’intervento delle forze dell’ordine. A questo si aggiungono altri episodi che hanno contribuito a creare un clima di tensione, come il rovesciamento di alcuni cassonetti, il blocco temporaneo del traffico su via Publio Valerio e l’interazione pericolosa con elementi della segnaletica stradale.

Nonostante il clima di tensione, va sottolineato un esito positivo sul fronte umano. Il giovane senzatetto, al centro della vicenda, non è più per strada. Qualche giorno fa, infatti, gli agenti del Nucleo Assistenza Emarginati (NAE) lo hanno accompagnato nel centro di accoglienza di via Ramazzini, dove ha finalmente trovato una sistemazione sicura e dignitosa.

Un passaggio fondamentale che dimostra come, oltre al ripristino della legalità, serva anche una vera rete di supporto per chi vive ai margini, al fine di affrontare alla radice fenomeni di degrado e marginalità.

Burocrazia lenta, ma cittadini determinati

La rimozione del dehors è stata possibile solo dopo una lunga trafila burocratica. L’ufficio commercio del Municipio VII aveva notificato la messa in mora al proprietario dell’ex ristorante, con scadenza fissata al 31 marzo. Trascorso inutilmente il termine, ha proceduto con l’autorizzazione per la rimozione in danno, con addebito dei costi al titolare del locale. L’intervento ha ricevuto il sollecito dei consiglieri Cristina De Simone e Umberto Matronola, attivamente impegnati nel dare voce alle richieste dei residenti.

Il senatore Marco Scurria, vicecapogruppo di Fratelli d’Italia, ha commentato così l’azione: “Questa rimozione rappresenta un ulteriore passo verso il ripristino della legalità e della sicurezza. Roma deve tornare a essere una città vivibile, decorosa e all’altezza del suo nome”.

La vera sfida resta strutturale: affrontare il disagio sociale con interventi concreti

La rimozione del dehors ha permesso di chiudere definitivamente una situazione insostenibile, ma non cancella le cause strutturali che l’hanno generata. In Italia, per agire su beni privati abbandonati, servono tempi legali obbligatori che spesso rallentano l’azione delle istituzioni. Inoltre, l’assenza di disturbi psichiatrici gravi impediva qualsiasi trattamento sanitario obbligatorio (TSO), lasciando il giovane in una terra di nessuno fino all’intervento del NAE.

Il caso ha riacceso anche il dibattito sull’efficacia degli strumenti pubblici, alimentato dal video-denuncia dell’attivista Simone Carabella, diffuso sui social. Il filmato ha diviso l’opinione pubblica per i toni utilizzati, ma ha portato al centro dell’attenzione il tema del degrado nei quartieri romani.

Il quartiere Don Bosco, oggi, torna a respirare, ma solo un impegno duraturo su inclusione sociale, burocrazia efficiente e legalità potrà garantire che episodi simili non si ripetano.