Roma, droga e corruzione nel carcere di Rebibbia: l’Antimafia chiede 41 rinvii a giudizio

Roma, il carcere di Rebibbia

Roma, il carcere di Rebibbia si trasforma in una rete criminale dove droga, cibo, telefonini e messaggi segreti circolavano indisturbati, con la complicità di detenuti, pusher e agenti della polizia penitenziaria. Questo è il quadro emerso dall’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per 41 persone coinvolte in un’associazione a delinquere dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti e alla corruzione. La notizia è stata diffusa dal quotidiano La Repubblica.

A Roma droga e corruzione dilagano nel carcere di Rebibbia

I fatti risalgono all’autunno del 2020, quando le attività illecite erano organizzate in modo sistematico per soddisfare ogni richiesta all’interno del penitenziario. Dai “pizzini” per trasmettere ordini ai clan esterni, ai pacchi contenenti schede sim, droga e perfino cibo e birra, ogni dettaglio era curato per garantire un flusso continuo di beni e informazioni.

Tra i protagonisti della vicenda spicca Costantino Di Silvio, membro di un noto clan romano, condannato per omicidio e con una pena da scontare fino al 2035. Secondo gli inquirenti, Di Silvio avrebbe ricevuto un telefono cellulare grazie alla corruzione di un agente penitenziario, utilizzato per coordinare le attività criminali anche dall’interno del carcere.

L’Antimafia chiede 41 rinvii a giudizio

L’indagine ha portato alla luce una rete che andava ben oltre le mura di Rebibbia, coinvolgendo narcotrafficanti attivi a Roma e nei comuni limitrofi come Guidonia e Monterotondo. I prezzi per i servizi variavano: si pagavano 30 euro per introdurre una pizza e una birra, e fino a 300 euro per fare entrare droga. L’aspetto più preoccupante riguarda il traffico di dispositivi elettronici, pennette USB e persino armi, come coltelli a serramanico, che rappresentavano un grave rischio per la sicurezza interna. L’intervento dell’Antimafia ha smantellato questa rete criminale, ma ora si attende l’esito del processo: 41 persone rischiano di essere chiamate a rispondere delle loro azioni davanti alla giustizia. Una vicenda che solleva interrogativi inquietanti sulla sicurezza e sulla corruzione all’interno delle carceri italiane.