Roma, Esquilino e Tuscolano zone rosse. Sindacato di polizia scrive a Gualtieri e Prefetto: “Abbiamo le mani legate”

Agenti della Polizia Locale di Roma al lavoro

Contenuti dell'articolo

L’introduzione delle “zone rosse” nella Capitale, operative dall’8 gennaio 2025, ha aperto un dibattito acceso tra le istituzioni e la cittadinanza, evidenziando tensioni politiche e criticità operative tra le stesse forze di polizia locale al punto di indirizzare una lettera a Sindaco e Prefetto.

Provvedimento firmato dal Prefetto di Roma

Il provvedimento, firmato dal Prefetto di Roma Lamberto Giannini, presentato giovedì presso il Comitato per l’ordine e la Sicurezza Pubblica, introduce misure straordinarie di controllo in specifiche aree sensibili della città sul modello di altre città italiane come Milano, Napoli, Bologna e Firenze. In particolare l’istituzione di vigilanza rafforzata nella zona dell’Esquilino e intorno a due scali ferroviari, come quello di Termini e della stazione Tuscolana.

Esquilino e Tuscolano blindate

All’Esquilino l’area riguarderà via Giovanni Giolitti, Via Giovanni Amendola, Via Filippo Turati, Via Principe Amedeo, Via Daniele Manin, Via Vincenzo Gioberti, Piazza Manfredo Fanti, Via Carlo Cattaneo, Via Enrico Cialdini, Via Urbano Rattazzi, Via Alfredo Cappellini, Via Mamiani, Via Bettino Ricasoli, Via La Marmora, Piazza Vittorio Emanuele II. Al Tuscolano invece, le strade interessate sono Via Monselice, Via Adria, Via Tuscolana (fronte civico 212), Via Mestre e Piazza Ragusa. Tuttavia, il tema ha sollevato numerose criticità, evidenziando difficoltà attuative e divergenti visioni tra le istituzioni locali.

Le motivazioni e gli obiettivi delle zone rosse

Le zone rosse mirano a ridurre comportamenti molesti e attività illecite, limitando la presenza di soggetti considerati pericolosi o con precedenti penali. Tra i reati specificamente monitorati figurano lo spaccio di stupefacenti, i furti, le rapine e il porto abusivo di armi. L’ordinanza stabilisce l’allontanamento temporaneo dei trasgressori, prevedendo anche denunce per chi viola tali ordini.

Secondo i dati del Viminale, questo approccio ha già prodotto risultati incoraggianti in altre città: quasi 25mila persone controllate e 228 provvedimenti di allontanamento emessi. A Roma, l’attenzione sarà concentrata su strade e piazze strategiche, per garantire una maggiore sicurezza pubblica e migliorare la vivibilità urbana.

Il disaccordo tra Sindaco e Prefetto

Il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, aveva espresso perplessità sull’efficacia di interventi temporanei come le zone rosse, considerandoli “spot” che rischiano di spostare i problemi invece di risolverli. Gualtieri ha auspicato un approccio strutturale, immaginando la città come una “grande zona bianca” caratterizzata da inclusione e sicurezza diffusa. La decisione del Prefetto di procedere comunque con l’ordinanza, nonostante l’opposizione del Sindaco, potrebbe riflettere una tensione istituzionale che complica ulteriormente l’attuazione delle misure.

Le difficoltà della Polizia Locale

La polizia locale, chiamata a garantire il rispetto dell’ordinanza, si trova di fronte a significative difficoltà operative. Uno dei problemi principali riguarda l’impossibilità di accedere al Sistema di Indagine SDI, fondamentale per verificare i precedenti penali dei soggetti fermati. Come sottolineato dal Sindacato Unitario Lavoratori Polizia Locale (SULPL), questa limitazione rende difficile distinguere tra individui pericolosi e persone in stato di disagio sociale o mentale.

Inoltre, l’impiego del Corpo in compiti di ordine pubblico senza strumenti adeguati o indennità specifiche evidenzia una disparità di trattamento rispetto alle altre forze di sicurezza. Sindacati come il SULPL e l’UGL hanno richiesto riforme per garantire maggiori risorse, tutele e riconoscimenti al personale della Polizia Locale, ribadendo la necessità di una strategia chiara per gestire situazioni complesse.

Impatti sociali e considerazioni etiche

Uno degli aspetti più delicati riguarda l’equilibrio tra sicurezza pubblica e rispetto dei diritti fondamentali. Le zone rosse, infatti, includono aree in cui si trovano strutture di accoglienza e assistenza, come mense della Caritas e centri per persone senza fissa dimora. La possibilità di allontanare soggetti fragili da luoghi preposti al loro sostegno solleva interrogativi morali, rischiando di trasformare una misura di sicurezza in una percepita lotta alla povertà. Questo paradosso evidenzia l’importanza di un approccio che integri interventi repressivi con politiche di inclusione sociale.

Un problema di sicurezza pubblica

Le zone a vigilanza rafforzata rappresentano un tentativo di affrontare problemi urgenti di sicurezza pubblica, ma la loro attuazione a Roma evidenzia limiti operativi, disaccordi politici e potenziali impatti negativi sulle fasce più vulnerabili della popolazione. Per rendere efficace questo strumento, sarà necessario affrontare le criticità emerse, fornendo risorse adeguate alla polizia locale, promuovendo una maggiore cooperazione tra istituzioni e integrando le misure con interventi sociali di lungo periodo. Solo così sarà possibile garantire sicurezza e giustizia in modo equilibrato e sostenibile