Roma, “favori” dal cappellano: Padre Lucio Boldrin sotto indagine a Rebibbia
“Pizzini” moderni dentro il carcere di Rebibbia, a Roma. E, a consegnarli ai detenuti, dopo averli ricevuti dai familiari, sarebbe stato non un malvivente, ma un sacerdote. Colpo di scena nell’istituto penitenziario romano, dove ieri è stato negato l’ingresso al prelato che, nei giorni scorsi, aveva accompagnato Papa Francesco nell’apertura della Porta Santa avvenuta proprio all’interno del carcere di Rebibbia.
Padre Lucio Boldrin, cappellano dal 2019, è finito al centro di un’indagine per favoreggiamento. Secondo il Nucleo Investigativo della Polizia Penitenziaria, il religioso avrebbe utilizzato un semplice stratagemma: stampava messaggi SMS e WhatsApp ricevuti dai familiari dei detenuti e li consegnava a chi si trovava dietro le sbarre. Una modalità che avrebbe permesso comunicazioni non autorizzate con l’esterno.
Il prete degli ultimi e il suo impegno
Padre Lucio, 65 anni, religioso della congregazione dei Padri Stimmatini, aveva scelto di lasciare la parrocchia per dedicarsi ai più vulnerabili. Dal 2019 è stato un punto di riferimento per i detenuti, guadagnandosi il soprannome di “prete degli ultimi”. Condivideva quotidianamente pensieri e riflessioni sui social, raccontando la realtà di chi vive dietro le sbarre.
Solo pochi giorni fa, il suo ultimo post su Facebook recitava: “Un’altra giornata in carcere, dove non si incontra il reato ma l’uomo con le sue debolezze, peccati, speranze e delusioni”. Un messaggio che oggi assume un peso diverso, dopo le accuse mosse contro di lui.
Un passato tra luci e ombre
Padre Lucio non era nuovo a gesti significativi. Lo scorso 26 dicembre, nel giorno di Santo Stefano, aveva accolto Papa Francesco, che proprio a Rebibbia aveva aperto una delle Porte Sante del Giubileo. In quell’occasione, il cappellano aveva dichiarato: “Il carcere non deve essere uno scarto, ma un luogo di riscatto. L’uomo non è il suo errore”.
Ma ora le recenti accuse gettano un’ombra sulla sua figura. Adesso gli inquirenti cercheranno di capire fino a che punto le sue azioni abbiano superato i limiti del suo ruolo, trasformando la missione spirituale in un possibile favoreggiamento.
L’ultimo post su Facebook
L’ultimo post sui social da parte del prelato risale a mercoledì. «Un’altra giornata in carcere dove non si incontra il reato ma l’uomo con le sue debolezze, peccati, speranze e delusioni». Dopo la notizia delle indagini, silenzio assoluto sui suoi profili social e nessuna dichiarazione da parte di Padre Lucio. Il carcere, per lui, non è più un luogo di accesso. Resta da capire se le accuse troveranno riscontro o se il cappellano verrà scagionato, restituendo ai detenuti una figura che molti consideravano fondamentale.
Sistema carcerario: troppe ombre e poche luci
Questo episodio, come sottolinea Riccardo Ciofi, mette ancora una volta sotto i riflettori le criticità del sistema penitenziario italiano. Gli istituti di pena, spesso sovraffollati e privi di risorse adeguate, rappresentano una sfida continua non solo per i detenuti, ma anche per chi lavora al loro interno: poliziotti penitenziari, medici, psicologi e cappellani.
È evidente che il sistema carcerario ha bisogno di riforme strutturali, non solo per garantire il rispetto della legalità, ma anche per creare un ambiente che favorisca davvero il recupero e la dignità umana. Sta ora alla politica intervenire con urgenza per evitare che fragilità come queste si trasformino in nuove crisi.