Roma, impiegato Cotral malato la sera cantava al piano bar: la Cassazione annulla il licenziamento

Roma, un bus Cotral
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Roma, la vicenda che ha acceso il dibattito sulla compatibilità tra attività ricreative e lo stato di malattia riguarda un dipendente della Cotral, la Compagnia trasporti laziali, controllata dalla Regione Lazio. L’uomo, assente dal lavoro per motivi di salute, è stato licenziato dall’azienda dopo essere stato sorpreso a esibirsi come cantante in un piano bar durante il periodo di malattia. Una decisione che, dopo un lungo iter giudiziario, è stata annullata dalla Corte di Cassazione.

Roma, impiegato Cotral la sera si esibiva al Piano bar

La Suprema Corte ha confermato quanto già stabilito in precedenza dal Tribunale di Roma e dalla Corte d’Appello: il licenziamento è da considerarsi illegittimo. I giudici hanno sottolineato che il lavoratore, pur in malattia, aveva rispettato le fasce orarie di reperibilità previste per le visite fiscali e che l’attività serale al piano bar non risultava incompatibile con la diagnosi medica. Anzi, secondo i giudici, il canto poteva addirittura contribuire al miglioramento del suo stato di salute.

Il principio alla base della decisione

Il punto centrale della controversia è stato il principio per cui l’azienda non può basare un licenziamento solo sulla scoperta di un’attività extra-lavorativa svolta durante la malattia. Per essere giustificata, la misura deve essere supportata dalla dimostrazione che tale attività abbia compromesso o ostacolato la guarigione del dipendente. Nel caso specifico, la Cassazione ha escluso un nesso tra il canto serale e un eventuale aggravamento dello stato di salute del lavoratore.

I giudici hanno ribadito che un dipendente in malattia ha diritto a dedicarsi ad attività ricreative o personali, purché queste siano compatibili con la diagnosi medica e non interferiscano con il recupero fisico. Situazioni diverse, come ad esempio la pratica di sport fisicamente impegnativi in presenza di patologie incompatibili, potrebbero invece giustificare un licenziamento.

Le implicazioni della sentenza

Con questa decisione, la Corte di Cassazione ha rafforzato la tutela dei diritti dei lavoratori in malattia, chiarendo i limiti entro i quali un’azienda può contestare comportamenti al di fuori dell’ambiente lavorativo. Il caso rappresenta un precedente significativo, indicando che attività non lavorative, purché compatibili con la diagnosi e non dannose per la salute, non possono automaticamente giustificare un provvedimento disciplinare così grave come il licenziamento.

La reintegrazione e il risarcimento

Il Tribunale di Roma, già in fase di appello, aveva ordinato la reintegrazione del dipendente e riconosciuto un risarcimento di oltre 2.000 euro per i danni subiti. La Cassazione ha confermato questa decisione, chiudendo definitivamente la controversia a favore del lavoratore. L’azienda, dunque, dovrà ripristinare il rapporto di lavoro e garantire il risarcimento stabilito.

Un caso emblematico

La sentenza pone l’accento sulla necessità di bilanciare i diritti e i doveri del lavoratore con quelli del datore di lavoro. Attività che possono sembrare insolite o incompatibili a prima vista, come il canto in un piano bar durante la malattia, non possono essere giudicate in maniera sommaria. È indispensabile una valutazione approfondita del contesto e delle conseguenze reali sullo stato di salute del dipendente.

Con questa decisione, la giurisprudenza italiana ribadisce un principio fondamentale: il diritto alla salute e alla ripresa fisica non deve essere sacrificato sull’altare di automatismi punitivi da parte delle aziende.