Roma, medico aggredisce colleghi e poliziotti al Gemelli e urina sul muro: “Sono della ‘ndrangheta”
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Era arrivato in ambulanza da Messina, apparentemente per accompagnare un paziente, ma ciò che è accaduto nelle ore successive al Policlinico Gemelli di Roma ha dell’incredibile. Un medico di 32 anni, invece di collaborare con i colleghi, durante le fai del triage del paziente si è trasformato in una furia, scagliandosi contro il personale sanitario con ripetute minacce di morte e dichiarando di avere legami con la ‘ndrangheta calabrese. La situazione è degenerata rapidamente, costringendo la Polizia a intervenire e ad arrestarlo.
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L’episodio shock: dalle minacce all’arresto
È successo il 27 gennaio, ma la notizia è trapelata solo nelle scorse ore. Tutto è iniziato con una discussione accesa sulle modalità di accoglienza del paziente. Il personale medico ha cercato di rassicurare il collega, garantendo che avrebbero seguito le indicazioni necessarie, ma il medico ha perso completamente il controllo. Ha iniziato a urlare, a spintonare i presenti e poi ha pronunciato frasi che hanno gettato tutti nel panico: “Voi non sapete chi sono io. Morirete tutti. Io sono della ‘ndrangheta.”
La tensione è salita alle stelle. Infermieri e dottori sono stati costretti a barricarsi in una stanza per sfuggire alla violenza. Il medico, fuori di sé, ha tentato di colpire un dottore e un’infermiera, mentre nel pronto soccorso la paura si diffondeva rapidamente tra pazienti e personale.
Il tentativo di aggressione ai poliziotti
L’escalation di violenza ha reso necessario l’intervento degli agenti del posto di polizia interna. Quando hanno cercato di calmarlo, il medico ha reagito con nuove minacce e tentativi di aggressione, costringendo gli agenti a bloccarlo con la forza. Ma nemmeno le manette sono riuscite a fermarlo: una volta portato nell’ufficio della Polizia, ha dato l’ennesima prova della sua furia urinando sul muro davanti agli agenti e lanciando una bottiglietta con dell’acqua, fortunatamente senza colpire gli agenti.
L’arresto e il processo per direttissima
Dopo l’arresto con l’accusa di minaccia aggravata a pubblico ufficiale, il medico è stato portato davanti al giudice con un procedimento per direttissima. In aula ha cercato di giustificarsi, dicendo di aver perso il controllo per via della preoccupazione per il paziente. Ma le prove raccolte – tra cui le testimonianze e la denuncia dell’agente di polizia – hanno dipinto un quadro molto chiaro: non si è trattato di un semplice scatto d’ira, ma di un episodio di estrema violenza.
Il magistrato non ha avuto dubbi: oltre a convalidare l’arresto, ha contestato al medico anche il reato di interruzione di pubblico servizio. Adesso l’uomo dovrà rispondere delle sue azioni davanti alla giustizia.