Roma, striscione contro papa Francesco: condannati quattro militanti di Forza Nuova

Roma, quattro militanti di Forza Nuova sono stati condannati per aver esposto uno striscione offensivo contro Papa Francesco il 12 maggio 2019. L’episodio si era verificato in via della Conciliazione, durante l’Angelus domenicale, davanti a una folla di fedeli accorsi per ascoltare le parole del Pontefice.
Roma, lo striscione “Bergoglio come Badoglio”
Sul grande drappo bianco si leggeva la frase: “Bergoglio come Badoglio. Stop immigrazione“. Un messaggio di chiara matrice politica. Con un paragone diretto tra il Papa e il generale Pietro Badoglio, considerato dai militanti responsabile di un “tradimento” storico per aver firmato l’armistizio di Cassibile nel 1943. Il gesto, interpretato come un attacco diretto al Pontefice per le sue posizioni sull’accoglienza e sui migranti, aveva immediatamente sollevato polemiche e condotto all’intervento delle forze dell’ordine.

Indagini della Digos, ora la condanna di tutta Roma
L’indagine, affidata alla Digos, aveva permesso di identificare i quattro responsabili. Saverio Di Palma, Stefano Schiavulli e Riccardo Ricciardi sono stati condannati a un anno e due mesi di reclusione, pena sospesa. Per Sveva Laganà, riconosciuta come colei che filmava la scena con il cellulare, la condanna è stata di dieci mesi, con il riconoscimento delle attenuanti. Il reato contestato è quello di offesa all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica, un capo d’accusa che tutela anche la figura del Pontefice.
I quattro militanti di Forza Nuova
L’azione era stata rivendicata subito dopo da Forza Nuova con una nota ufficiale, in cui il gruppo accusava le istituzioni, i media e lo stesso Papa di agire contro gli interessi dell’Italia e degli italiani. Il gesto si inseriva in un clima di forte tensione politica e sociale, caratterizzato da un acceso dibattito sull’immigrazione e sulle politiche di accoglienza promosse dal Vaticano. Il movimento di estrema destra, già noto per iniziative analoghe, aveva ribadito la propria opposizione a quelle che definiva “politiche di svendita della nazione”.
Il processo si è concluso con una sentenza che segna un punto fermo nella lotta contro le manifestazioni di odio e intolleranza. La condanna, seppur con pena sospesa, rappresenta un monito nei confronti di azioni che ledono l’immagine e l’autorità delle istituzioni. La giustizia ha ribadito che l’uso della libertà di espressione non può trasformarsi in un pretesto per offendere figure di rilievo mondiale come il Pontefice, né per alimentare sentimenti di divisione e tensione sociale.
Nuove riflessioni politiche di Roma
Il verdetto potrebbe aprire la strada a nuove riflessioni sul confine tra diritto di opinione e rispetto delle istituzioni. Se da un lato è legittimo esprimere dissenso, dall’altro la giurisprudenza sottolinea come certe espressioni possano configurarsi come reati, specie quando colpiscono simboli di unità e coesione.
Nel frattempo, il tema dell’immigrazione e delle politiche sociali continua a essere al centro del dibattito pubblico, con posizioni sempre più polarizzate tra chi sostiene la necessità di accogliere e chi chiede una stretta sulle politiche migratorie. In questo contesto, il ruolo della Chiesa e del Papa rimane cruciale, con un’azione sempre più orientata verso l’inclusione e la solidarietà. Il caso di via della Conciliazione, con la sua sentenza, è solo un capitolo di una storia più ampia, che continuerà a far discutere a lungo.