Roma, studentessa morì durante gioco erotico: dopo 13 anni maxi risarcimento alla famiglia

Roma, una foto di una donna con i polsi legati

Roma, a tredici anni dalla tragica notte che sconvolse la vita della giovane Paola Caputo, il Tribunale Civile ha emesso una sentenza che impone un risarcimento di un milione di euro alla famiglia della 23enne. Il responsabile, l’ingegnere romano Soter Mulè, 56 anni, già condannato in via definitiva a tre anni e mezzo di reclusione per omicidio colposo, è stato ritenuto colpevole di non aver rispettato le norme di sicurezza durante una pratica di bondage, che portò alla morte della studentessa.

Roma, studentessa morì durante gioco erotico

La notte tra il 9 e il 10 settembre 2011, in un garage dell’Agenzia delle Entrate a Settebagni, Roma, si trasformò in tragedia per Paola Caputo, una studentessa universitaria originaria della provincia di Lecce. La giovane, insieme a un’amica, partecipava a una pratica di bondage, nota come shibari. Le corde utilizzate per immobilizzarla furono strette eccessivamente, e, in assenza di strumenti adeguati per liberarla rapidamente, Paola morì soffocata. L’amica, presente durante l’accaduto, finì in coma, mentre per Paola non ci fu nulla da fare nonostante l’arrivo dei soccorsi, chiamati – secondo l’accusa – con ritardo alle 4 del mattino.

Soter Mulè, subito arrestato, trascorse due giorni in carcere prima di essere posto agli arresti domiciliari. In seguito, tornò in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Durante l’interrogatorio, Mulè ammise che quella non era la prima volta che praticava il bondage con le due amiche.

Dopo 13 anni maxi risarcimento alla famiglia

Il caso suscitò grande attenzione per la natura della pratica coinvolta. Il bondage, o legatura erotica, segue infatti regole precise per garantire la sicurezza dei partecipanti. Tuttavia, secondo l’accusa, Mulè non rispettò queste regole, anche a causa di uno stato di alterazione dei partecipanti e del fatto che un coltello, necessario per intervenire in caso di emergenza, era rimasto nell’auto dell’ingegnere.

Le indagini dimostrarono che Paola e la sua amica avevano acconsentito volontariamente alla pratica, che prevedeva di essere legate e sospese a una certa altezza, in un gioco in cui l’una faceva da contrappeso all’altra. Paola morì soffocata da un cappio intorno al collo, mentre l’amica rimase gravemente ferita.

Mulè fu inizialmente accusato di omicidio preterintenzionale. Ma venne condannato in primo grado a quattro anni e otto mesi per omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento e lesioni colpose. La pena fu poi ridotta in appello a tre anni e sei mesi. Nel 2016, la Cassazione respinse il ricorso della famiglia e della procura, confermando la condanna per omicidio colposo.

Il Risarcimento

Con la sentenza odierna, il Tribunale civile ha stabilito che Soter Mulè dovrà risarcire con un milione di euro la famiglia di Paola Caputo. Ponendo così un ulteriore sigillo giudiziario su una vicenda che ha segnato profondamente tutte le persone coinvolte. La decisione rappresenta un riconoscimento delle responsabilità dell’ingegnere e delle conseguenze devastanti delle sue azioni.