Roma, subaffitto, distrazione di locale e maxi evasione da 3,5 milioni per lo storico bar di Prati

Roma, il Bar di Prati appena chiuso

Roma, lo storico bar-pasticceria di Prati, celebre per le sue tartine e il dolce iconico “Cannonata“, si trova ora al centro di una vicenda che coinvolge milioni di euro e accuse di bancarotta fraudolenta. L’inchiesta della Procura di Roma ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per quattro persone legate alla società Giorgio Antonini Srl, che gestiva il locale.

Roma, maxi evasione da 3,5 milioni e distrazione di locale

Secondo gli investigatori, i responsabili della società avrebbero messo in atto una complessa strategia per evadere il fisco. Dal 2008 al 2022, le tasse e i contributi previdenziali sarebbero stati sistematicamente omessi. Accumulando un debito verso l’erario pari a circa 3,5 milioni di euro, tra imposte non versate, sanzioni e interessi. La notizia è stata riportata dal quotidiano La Repubblica e da noi ricostruita.

A questa già grave situazione, si aggiungono accuse di false comunicazioni sociali. Secondo la Procura, i bilanci dell’azienda sarebbero stati manipolati per nascondere il dissesto economico e permettere alla società di continuare le attività, nonostante i capitali fossero stati trasferiti altrove.

Il crac e la gestione “ombra” del locale

La vicenda ha avuto un punto di svolta il 6 ottobre 2022, con la dichiarazione di fallimento della Giorgio Antonini Srl. Gli inquirenti sostengono che il dissesto fosse stato deliberatamente provocato, aggravando la situazione finanziaria attraverso operazioni sospette. Tra queste, la distrazione degli incassi: tra il 2018 e il 2021, i proventi del bar sarebbero stati trasferiti su conti intestati a un’altra società, la Giorgio Antonini Management Srl, con causali generiche come “Trasferimento fondi per pagamento”.

Non solo il denaro: anche l’intera attività sarebbe stata “distratta”. Il bar sarebbe stato affittato per tre mesi a una società collegata alla stessa famiglia proprietaria, la Sabotino Spa, salvo poi cessare ufficialmente le attività. Nonostante il cambio di intestazione, il locale avrebbe continuato a operare, con gli stessi dipendenti e lo stesso stile, ma con una nuova gestione formale. Per questo subaffitto sarebbero stati versati solo tre canoni, per un totale di 15.000 euro.

Un simbolo di Prati travolto dallo scandalo

Il bar Antonini, punto di riferimento per generazioni di romani, si è trasformato nel simbolo di un complesso sistema di gestione finanziaria e amministrativa. Sistema che, secondo l’accusa, avrebbe sottratto risorse all’erario e portato al fallimento della società originaria.

L’indagine rappresenta un ulteriore tassello nelle complesse dinamiche che spesso emergono dietro realtà storiche e amate. Mentre i dettagli giudiziari continuano a essere esaminati, questa vicenda lascia una macchia indelebile sulla storia del locale. Trasformando quello che era un simbolo di eccellenza gastronomica in un caso esemplare di gestione aziendale discutibile.

Con l’attesa dell’udienza, il caso Antonini promette di far discutere ancora a lungo. Lasciando non solo un vuoto nei ricordi dei clienti più affezionati. Ma anche un esempio di quanto possano essere fragili, e talvolta ingannevoli, le fondamenta di alcune istituzioni locali.