Sanità, siamo al collasso. Mancano ambulanze e infermieri

Siamo nuovamente al collasso della sanità laziale. La situazione che sembrava temporaneamente migliorata, è di nuovo precipitata a causa della nuova impennata del covid. Omicron 5 infatti impazza. E anche se gli esiti, almeno per i vaccinati, sembrano essere meno gravi che in passato, le chiamate al 118 sono tantissime. E si sommano alle emergenze ordinarie. Una mole di lavoro che sta provocando il sovraffollamento dei pronto soccorso. E il blocco delle ambulanze. Costrette ad aspettare per ore con i pazienti a bordo, per la impossibilità di trovare un letto libero. Lunedì, i mezzi bloccati sono stati 45, dieci in più nella giornata di martedì. Con oltre 100 chiamate inevase nel momento di picco. E se i pazienti e le famiglie sono sotto stress, non va meglio per infermieri e operatori sanitari. Che di fatto, prestano assistenza in vettura come se fossero in reparto. Oltre ad essere sottoposti a turni massacranti. Per questo i sindacati di categoria si sono di nuovo fatti sentire. Chiedendo più ambulanze e più personale. E docendo un netto no ad altre ipotesi. Come quella di raddoppiare i turni di servizio. O addirittura, di dividere le squadre. Lasciando alcuni nelle ambulanze ferme. E riutilizzando gli altri per le ulteriori chiamate. Anche con mezzi privati. Tutte soluzioni tampone, certamente non risolutive. E rispedite al mittente.

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La protesta degli infermieri, noi pochi e abbandonati. Così la sanità non funziona

Lo scorso 6 luglio un infermiere, Davide Laurenti, sui social ha postato la sua testimonianza. Mentre si è trovato ad assistere una signora che ha avuto un malore alla stazione Termini. “Se venite a Roma e vi sentite male non potete fare altro che pregare. La signora purtroppo ha avuto un malore, è qui sdraiata da due ore e mezza. Ho sollecitato personalmente il 118 quattro volte, parlato con la collega della centrale: le ambulanze sono tutte bloccate”.

A denunciare nuovamente il problema è il sindacalista Alessandro Saulini, segretario NurSind Ares 118, che già a maggio si era fatto sentire. “Serve potenziare il sistema con l’aumento di risorse strumentali. Tradotto, servono più ambulanze sul territorio ma non con soluzioni tampone. Ora sembrerebbe che anziché prenderli in leasing e con a bordo personale 118 specializzato, sia meglio prendere mezzi dal privato condotti da autisti”.

In sostanza, una sorta di servizio taxi. Quando una ambulanza resta bloccata, perché impossibilitata a lasciare il pronto soccorso ecco che arriva un mezzo privato a prelevare uno o due infermieri. I sanitari, però, non ci stanno. “Gli equipaggi sono coordinati. Lavorano in sinergia non si possono smembrare così. Siamo vicini al collasso nonostante gli sforzi del personale. Da mesi stiamo riscontrando un vero e proprio esodo. Sia da parte dei colleghi più anziani che chiedono di essere trasferiti altrove, sia dei neoassunti che in qualche caso arrivano addirittura a licenziarsi. Perché non ce la fanno più a lavorare in queste condizioni”.