Semi di cannabis: quali è consentito coltivare e quali no, cosa sostiene la legge

C’è un confine netto tra ciò che è lecito e ciò che potrebbe costare caro a chi decide di mettere le mani nella terra per far germogliare una pianta di cannabis. La normativa italiana, tra aperture, divieti e margini di tolleranza, si muove in una zona grigia che ha creato non pochi malintesi. Da una parte c’è la canapa industriale, coltivabile senza particolari autorizzazioni, dall’altra la cannabis con un contenuto di THC più alto, che invece è un terreno minato se non si hanno permessi specifici.
Canapa industriale: sì, ma con dei paletti ben precisi
Dal 2016, con la legge n. 242, l’Italia ha dato il via libera alla coltivazione della Cannabis sativa L. a uso industriale. Questo significa che un agricoltore può piantare e far crescere varietà di canapa, purché provengano da semi certificati e il contenuto di THC nelle piante non superi lo 0,2%. La legge prevede una soglia di tolleranza che può arrivare fino allo 0,6%, ma attenzione: se il THC sale oltre questo limite, la piantagione può essere sequestrata, e iniziano i guai.

Le varietà ammesse sono quelle registrate nel Catalogo Comune delle Varietà delle Specie di Piante Agricole dell’Unione Europea. Qui dentro si trovano nomi ormai noti agli addetti ai lavori, come Carmagnola, Eletta Campana, Futura 75, Finola. Se una pianta non rientra tra queste, meglio lasciar perdere.
Per coltivare canapa industriale non serve alcuna autorizzazione preventiva, ma la legge impone di conservare le fatture di acquisto dei semi e i cartellini che certificano la varietà per almeno un anno. Se arrivano i controlli – e arrivano – bisogna dimostrare che tutto è in regola. In caso di dubbi, sarà la stessa autorità a prelevare campioni e fare le analisi di laboratorio per verificare il contenuto di THC.
Semi di cannabis: si possono comprare, ma guai a farli germogliare
In Italia, la vendita e il possesso di semi di cannabis non sono un problema. Sono considerati alla stregua di un qualsiasi altro seme da collezione o per uso alimentare. Esistono negozi fisici e online che li vendono legalmente, e nessuno potrà contestarne l’acquisto. Ma qui entra in gioco la parte delicata: germinarli e coltivarli è illegale.
Cannabis terapeutica: quando la coltivazione è consentita
C’è solo un’eccezione alla regola generale: la cannabis a uso terapeutico. Qui le cose cambiano, ma non per tutti. La coltivazione a fini medici è possibile solo se autorizzata dal Ministero della Salute, ed è riservata a imprese e soggetti specifici. In Italia, il principale produttore è lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, che distribuisce la cannabis terapeutica alle farmacie autorizzate.
Chi volesse coltivare cannabis per fini medici o di ricerca deve ottenere un’autorizzazione dall’Ufficio Centrale Stupefacenti. Senza questa autorizzazione, il rischio di una denuncia è certo.
Cambiamenti normativi: cosa bolle in pentola?
Negli ultimi anni, la normativa sulla cannabis è stata al centro di discussioni e proposte di legge. Nel 2024, il governo ha avanzato l’idea di un divieto totale sulla vendita delle infiorescenze di canapa (comprese quelle con THC sotto lo 0,2%), un provvedimento che ha scatenato proteste da parte del settore agricolo e commerciale. La questione è ancora in fase di dibattito e potrebbe ridefinire il mercato della canapa in Italia.
Coltivare cannabis in Italia: il quadro generale
In sostanza, la legge è chiara:
- Si può coltivare canapa industriale con THC sotto lo 0,2%, purché provenga da semi certificati.
- Si possono comprare semi di cannabis, ma non si possono far germogliare.
- La coltivazione per uso personale è illegale.
- L’unica cannabis coltivabile legalmente con THC sopra i limiti è quella terapeutica, e serve un’autorizzazione del Ministero della Salute.
Navigare tra le norme sulla cannabis in Italia non è semplice, meglio conoscere bene la legge.