Serena Mollicone sarebbe stata uccisa nella caserma dei carabinieri di Arce

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Serena Mollicone potrebbe essere rimasta stordita da un colpo alla testa ma poi uccisa per asfissia, visto che fu trovata morta con un sacchetto di plastica in testa. È quanto ha spiegato in udienza, al processo per l’omicidio di Serena Mollicone, l’anatomopatologa Cristina Cattaneo del Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università di Milano. La Cattaneo ha realizzato la superperizia decisiva per la riapertura del caso. “Che il trauma cranico abbia provocato uno stordimento e poi la morte sia sopraggiunta per asfissia è un’ipotesi molto probabile ma non abbiamo gli elementi per dirlo con certezza”, ha sottolineato la professoressa Cattaneo. Spiegando che “la morte per asfissia meccanica è una diagnosi che si fa per esclusione, è una causa di morte che lascia pochissimi segni”.

Le analisi sul cranio di Serena Mollicone

Le fratture del cranio di Serena Mollicone dicono che c’è stato un “colpo contro una superficie ampia e piana”. È quanto ha spiegato l’anatomopatologa Cristina Cattaneo. La superficie piana sarebbe da ricondurre, secondo l’impianto accusatorio, a una porta della caserma dei carabinieri di Arce. “Analizzando le fratture del cranio è emerso che nessuna delle lesioni è scomposta, cosa che succede quando l’oggetto che ha provocato le fratture è una superficie piana grande – ha detto -. Inoltre tutte le fratture sono coerenti e possono essere state prodotte da un unico urto”. È possibile che Serena Mollicone abbia avuto un colpo alla testa tra le 11 e le 11.40 del 1 giugno del 2001. “Il trauma è compatibile con quell’orario”, ha detto rispondendo a una domanda in aula.

Parla il medico legale che ha esaminato il caso

“Il cranio di Serena Mollicone può aver creato quel buco nella porta? Assolutamente sì. Dopo aver risposto a questa domanda siamo andati avanti con le nostre analisi per verificare se ci fosse stato uno scambio di materiali tra la testa di Serena Mollicone e la porta. L’arcata zigomatica di Serena combacia molto bene con la rottura nella porta”, ha spiegato, tanto che “facendo la simulazione con i prototipi il cranio rimane incastrato”. Rispondendo alle domande del pm la professoressa Cattaneo ha inoltre sottolineato che “l’incastro replica perfettamente l’arcata sopraccigliare e combacia con la rottura più profonda”. La porta a cui si fa riferimento è quella dell’alloggio nella caserma dei carabinieri di Arce, in uso all’epoca alla famiglia Mottola.

Serena Mollicone avrebbe lottato per difendersi

Il trauma di Serena è compatibile in ogni caso, ha aggiunto, con colpo su una parete verticale e non con una caduta a terra. Quanto alla compatibilità tra il buco nella porta e un pugno, Cattaneo ha detto che “anatomicamente c’è una compatibilità minore ed è meno calzante del cranio di Serena Mollicone”. Prima di essere stordita Serena avrebbe lottato per difendersi. “Ci sono segni di colluttazione sul corpo”, ha detto il medico legale Cattaneo. La cosa si desume, ha aggiunto, dalle “tante contusioni” trovate sul corpo, in particolare sulle gambe e sul tronco. In base alla “distribuzione di alcune lesioni contusive conseguenti a piccoli traumi”, ha poi aggiunto Cattaneo, che sarebbero riconducibili a strattonamento.

Indagato il maresciallo dei carabinieri, la moglie, il figlio, e un collega

Nel processo, che si svolge davanti alla Corte d’Assise di Cassino, sono imputati il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio Marco e il maresciallo Vincenzo Quatrale. Tutti accusati di concorso nell’omicidio. Quatrale, inoltre, è accusato di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi. Infine l’appuntato Francesco Suprano è accusato di favoreggiamento.