“Stefano Cucchi ucciso dalle botte”: la Cassazione condanna a 12 anni due carabinieri

Ilaria Cucchi, Stefano

La Cassazione ha condannato a 12 anni, un anno in meno rispetto alla sentenza di appello, i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale in relazione al pestaggio e alla morte di Stefano Cucchi. Lo hanno deciso i giudici della Quinta sezione penale della Suprema Corte dopo una camera di consiglio durata 5 ore. Per i due carabinieri condannati di omicidio preterintenzionale si apriranno le porte del carcere.

Ilaria Cucchi: “Giustizia è fatta”

“A questo punto possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull’omicidio di Stefano. Possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di coloro che ce l’hanno portato via. Devo ringraziare tante persone, il mio pensiero in questo momento va ai miei genitori che di tutto questo si sono ammalati e non possono essere con noi, va ai miei avvocati Fabio Anselmo e Stefano Maccioni e un grande grazie al dottor Giovanni Musarò che ci ha portato fin qui”. Lo ha detto Ilaria Cucchi dopo la sentenza della Cassazione nel processo per la morte di Stefano Cucchi.

Stefano Cucchi era morto il 22 ottobre 2009

Un processo che nei primi due gradi di giudizio ha stabilito che quello di Stefano Cucchi, come sostenuto dal pm titolare dell’inchiesta Giovanni Musaro’, e’ stato un omicidio preterintenzionale. Prima la Corte d’Assise di Roma, il 14 novembre 2019, e poi la Corte d’Assise d’Appello il 7 maggio dello scorso anno, hanno riconosciuto le responsabilita’ dei due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro accusati del pestaggio di Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre del 2009 e morto sette giorni dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma.

In secondo grado la condanna era passata da 12 a 13 anni per Di Bernardo e D’Alessandro, escludendo le attenuanti generiche che erano state riconosciute nella prima sentenza, e da tre anni e otto mesi a quattro anni per Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia. Era stata confermata la condanna per lo stesso reato a due anni e mezzo per Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni aveva per la prima volta parlato del pestaggio avvenuto nella caserma Casilina la notte dell’arresto. Un’aggressione “ingiustificata e sproporzionata”, e’ stata definita dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma nelle motivazioni della sentenza.