Strage di via D’Amelio, i figli di Borsellino chiedono i danni allo Stato per il depistaggio della Questura di Palermo
Ancora una volta, ombre inquietanti si allungano sulle indagini per la strage di via D’Amelio di Palermo dove il 19 luglio 1992 venne trucidato l’ex magistrato antimafia e la sua scorta e sul successivo depistaggio che ne è seguito. Quattro ex poliziotti del Gruppo d’inchiesta ‘Falcone e Borsellino’ – Maurizio Zerilli, Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi e Angelo Tedesco – sono accusati di depistaggio, reato previsto dall’articolo 375 del codice penale.
Strage di via D’Amelio, i figli di Borsellino chiedono i danni allo Stato
Per questo, nell’udienza preliminare che si è aperta oggi a Caltanissetta, i figli di Paolo Borsellino, Lucia, Manfredi e Fiammetta, hanno chiesto di costituirsi parte civile, insieme ai familiari delle vittime e agli ingiustamente accusati da Scarantino.
Il depistaggio della Questura di Palermo
“Continueremo a dare il nostro contributo alla ricerca della verità”, ha dichiarato l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino. “Questo è solo un tassello di un quadro ben più ampio che vede coinvolti diversi livelli istituzionali“.
L’accusa di depistaggio da parte della Questura di Palermo nasce dalle dichiarazioni rese dai quattro poliziotti come testimoni nel processo contro Mario Bò, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di aver costruito il falso pentito Vincenzo Scarantino. I giudici, nelle motivazioni della sentenza, avevano rilevato numerose incongruenze nelle loro deposizioni, con un numero elevato di “non ricordo“.
Le centinaia di ‘Non ricordo’ davanti ai giudici
“L’ispettore Zerilli ha detto 121 volte ‘non ricordo'”, si legge nelle motivazioni, mentre il collega Tedesco ha collezionato 101 “non ricordo” e Di Gangi 110. Maniscaldi, invece, “non si è trincerato dietro ai non ricordo, ma ha riferito circostanze false”. Di fronte a tali evidenze, la Procura di Caltanissetta ha modificato l’accusa da falsa testimonianza a depistaggio, un reato ben più grave.
Insabbiamento dei dossier
Intanto, sul fronte dell’insabbiamento del dossier mafia-appalti, a cui Borsellino era particolarmente interessato, la Procura sente oggi il generale Stefano Screpanti. L’ufficiale della Guardia di Finanza che coordinò le intercettazioni su Buscemi e Bonura. Intercettazioni che all’epoca vennero chiuse da Natoli perché ritenute “irrilevanti“, ma che oggi i pm di Caltanissetta ritengono cruciali. Per questo Natoli e Screpanti sono indagati per favoreggiamento alla mafia.
32 anni dopo le stragi
Trentadue anni dopo le stragi, sono ancora una volta uomini dello Stato ad essere sotto accusa. E lo Stato stesso è chiamato a rispondere, con la richiesta di risarcimento del danno avanzata dai figli Borsellino. Richiesta avanzata nei confronti della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Interno.
Un processo che si preannuncia lungo e complesso. Ma per il quale la famiglia Borsellino non intende arrendersi. “Persevereranno nell’improntare la loro azione nel solco dell’eredità morale del padre“, ha concluso l’avvocato Trizzino. Con la massima fiducia e il rispetto per le istituzioni dello Stato“.