Sudan, è guerra civile. Tajani: “Contattati uno a uno tutti i nostri 140 connazionali nel Paese”

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Il Sudan nella bufera come ai tempi del Mahdi e di Gordon Pascià nel 1885. Ma stavolta non verrà inviato nessun generale Kitchener da Londra, anche se poi arrivò tardi. Il Paese africano è fuori controllo. Un cittadino francese è rimasto ferito in un attacco contro il convoglio diplomatico nel quale si trovava durante l’evacuazione dal Sudan. Lo ha riferito un portavoce delle Forze armate sudanesi, che ha accusato i paramilitari delle Forze di sostegno rapido (Rsf) di aver “attaccato il convoglio dell’ambasciata francese con colpi d’arma da fuoco”. Il convoglio sarebbe stato costretto a rientrare nella sede a Khartoum. Ferito a colpi d’arma da fuoco anche un dipendente dell’ambasciata egiziana a Khartoum. Lo ha riferito un portavoce del ministero degli Esteri del Cairo, senza fornire ulteriori dettagli.

Tajani: contattati tutti i nostri connazionali

La Farnesina rassicura: “I nostri connazionali sono stati tutti contattati, durante la nottata, dall’unità di crisi del ministero, chiamati uno per uno, stanno tutti bene e raggiungeranno la nostra ambasciata”. Così il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, parlando dei 140 italiani ancora in Sudan. “Di più non posso dire per ragioni di sicurezza – ha sottolineato Tajani -. Perché si tratta di un’operazione militare e non voglio metterla a repentaglio”. “Abbiamo passato tutta la notte in contatto costante con il ministro della Difesa, Guido Crosetto, e con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Viene aggiornato da noi in maniera costante”, ha detto. “La nostra unità di crisi lavora anche in contatto con l’unità di crisi dell’Ue. Josep Borrell, alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, ha chiesto sostegno all’Italia per mettere in sicurezza anche altri cittadini europei e l’Italia farà la sua parte”.

L’Italia aiuterà tutti gli stranieri presenti

“Il ministero degli Esteri – ha aggiunto Tajani – che ha la responsabilità di guidare tutte le operazioni con il ministero della Difesa e la presidenza del Consiglio sono al lavoro incessantemente”. Quanto all’ambasciata italiana in Sudan “è operativa, lavora e sta diventando il punto di raccolta dei nostri connazionali – ha spiegato il ministro -. Siamo mobilitati per mettere in sicurezza tutti i nostri concittadini che sono a Khartoum. Le nostre forze armate, l’aeronautica, i reparti interforze sono pienamente operativi, toccherà a loro garantire la massima sicurezza e tutelare i nostri concittadini”. Sui tempi per il rientro degli italiani, “mi auguro che si possa fare tutto in tempi brevi – ha detto Tajani – stiamo lavorando con le autorità locali per avere tutte le autorizzazioni necessarie”.

La Francia avvia un’evacuazione rapida

Da parte sua la Francia ha avviato una “operazione di evacuazione rapida” dei connazionali e del personale diplomatico in Sudan. Lo ha reso noto oggi il ministro degli Esteri, aggiungendo che sono coinvolti nell’operazione anche cittadini europei e di “Paesi partner alleati”. Il Belgio collabora con Francia e Olanda per portare fuori dal Sudan i propri connazionali e altre persone che ne hanno bisogno, ha reso noto la ministra Hadja Lahbib precisando che sono in corso operazioni multiple per evacuare gli europei “il più velocemente possibile”. Anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha confermato l’evacuazione del personale diplomatico americano in Sudan a causa dei combattimenti che si stanno svolgendo nella capitale, Khartoum.

L’America manda i Navy Seals

Meno di cento persone, fra cui anche alcuni diplomatici di altri Paesi, portate via da Khartoum all’alba di questa mattina, a bordo di tre elicotteri Chinook atterrati nei pressi dell’ambasciata. Più di 100 militari Navy Seals e delle forze speciali dell’esercito sono partiti da Gibuti all’Etiopia e poi per il Sudan, dove sono rimasti sul terreno per meno di un’ora, ha spiegato il generale Douglas Sims in una call con i giornalisti una volta terminata la missione. Ma Biden ha ringraziato, oltre a Gibuti e l’Etiopia anche l’Arabia Saudita, Paesi “di importanza critica per il successo della nostra operazione”. Ieri 150 persone evacuate via mare al porto saudita di Gedda. Infine, nel Paese c’è un collasso quasi totale della rete Internet.