Tivoli, calci e pugni al pancione della compagna incinta: ‘Se chiami la Polizia ti ammazzo, ti tolgo il bambino’

Botte alla compagna incinta

Ha continuato a insultarla, ad aggredirla e a schiaffeggiarla. Non si è fermato neppure davanti a quel pancione: la donna che avrebbe dovuto amare e proteggere portava in grembo il suo bambino. E lui ha continuato come se nulla fosse. Calci, pugni, spintoni, schiaffi. Continue violenze e maltrattamenti che la donna ha avuto il coraggio di denunciare: lei voleva dire basta, ribellarsi. E ce l’ha fatta.

Gli agenti del Commissariato di Tivoli, infatti, hanno dato esecuzione all’ordinanza di misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Tivoli, nei confronti dell’uomo. Si tratta di un 25enne di origine cubana residente a Tivoli: a lui è stato imposto il divieto di avvicinamento a non meno di 500 metri dalla ex compagna e dai luoghi da lei abitualmente frequentati, con l’applicazione del braccialetto elettronico e il divieto di comunicazione con qualsiasi mezzo, telefonico, telematico, informatico.

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L’uomo, alterato dall’abuso di alcol, dovrà rispondere del reato di maltrattamenti in famiglia, aggravato dall’avanzato stato di gravidanza della compagna. La donna si era rivolta al pool antiviolenza del commissariato tiburtino e ha denunciato il compagno, lui che fin dalle prime settimane di gestazione aveva commesso su di lei brutali violenze fisiche e psicologiche. L’uomo, stando alle indagini svolte in gran parte dal Commissariato di Tivoli e anche dal personale di polizia giudiziaria interforze della Procura, specializzato nel contrasto alla violenza ai danni delle donne, hanno permesso di ricostruire i fatti. Quei terribili episodi.

L’uomo, in più occasioni, l’avrebbe strattonata, schiaffeggiata, afferrata per la gola, presa a spintoni fino a farle sbattere violentemente la pancia contro la maniglia della lavastoviglie, per poi sferrarle calci e pugni all’addome. Nei suoi frequenti scatti d’ira, insultava violentemente la compagna, anche distruggendo mobili e suppellettili della loro casa. E ogni volta che lei tentava di chiedere aiuto, lui partiva con le minacce e cercava di farla sentire in colpa. “Chiami le guardie per il padre di tuo figlio” – diceva.

“Io ti ammazzo”

Violenze fisiche sì, ma anche continue manipolazioni. L’uomo cercava di controllarla, di avere il ‘potere’ su di lei e sulle sue decisioni. Nell’ordinanza del GIP si legge che “l’avrebbe fatta diventare pazza, le avrebbe tolto il bambino, che se si fosse messa con un altro avrebbe ammazzato sia lei che l’altro, che il figlio non avrebbe mai dovuto vedere un altro uomo vicino a lei…”.

L’intervento della Procura e del Commissariato di Tivoli è stato sostenuto provvidenzialmente da un “cordone di solidarietà“, composto dai familiari della vittima, dalle sue amiche, dai vicini di casa e dal suo medico di base, che avevano capito il suo grande disagio e l’avevano spinta, con grande senso di responsabilità, a rivolgersi al più presto a un Centro Antiviolenza e alle Forze dell’ordine. Lei ce l’ha fatta e ora l’incubo è finito.

L’appello delle forze dell’ordine resta: non bisogna mai voltarsi dall’altra parte e avere fiducia nelle istituzioni. Le donne non devono essere lasciate sole, devono essere aiutate e supportate quando decidono di denunciare.