Travaglio non ha ancora capito che non era mafia

Però qualcuno a Marco Travaglio glielo dovrà pure spiegare. Mafia Capitale è stata una bolla mediatico-giudiziaria. È evidente che reggere quei toni sarà opera sempre più disperata per chi sta dietro le quinte di Virginia Raggi che accese i ceri a San Pignatone, ma le cose stanno così.

Ci fu corruzione – e nemmeno per tutti tanto è vero che i giudici hanno anche assolto vari imputati – e c’è soprattutto la maestà della legge. Ma per lui, Travaglio, è la politica il reato che merita l’ergastolo a prescindere.

Travaglio giudice

E così anche oggi ha il suo titolo. E questo perché la Corte Costituzionale – giudici, non volgari attivisti politici – mette la Bonafede nell’elenco delle cose sbagliate. O meglio, mi puoi arrestare dopo la condanna se la procedura è corretta. Se i codici – il diritto, non i social e Travaglio – prevedono regole le devi rispettare. E se le cambi devono rispettare la Costituzione.

Tutto questo perché a lui e a quelli come lui non vanno giù i primi, immediati, effetti della sentenza della Corte Costituzione che ha sancito l’illegittimità dell’applicazione retroattiva della Legge Spazzacorrotti. Hanno lasciato il carcere in queste ore ben sette imputati, condannati per reati contro la pubblica amministrazione nel processo al ‘Mondo di Mezzo’ e che il 23 ottobre scorso, a poche ore dalla sentenza definitiva della Cassazione, erano stati oggetto di un ordine di esecuzione per la carcerazione firmato dalla procura generale presso la corte di appello di Roma.

Chi è uscito dal carcere

A beneficiare della decisione della Consulta sono stati, in particolare, l’ex presidente dell’Assemblea Capitolina Mirko Coratti, il suo ex capo segreteria Franco Figurelli, l’ex dirigente regionale Guido Magrini, Mario Schina (già collaboratore di Luca Odevaine Odevaine, membro del coordinamento nazionale sull’accoglienza profughi), l’ex presidente del Municipio X Andrea Tassone, l’ex responsabile tecnico del Comune di Sant’Oreste Marco Placidi e l’ex consigliere comunale Giordano Tredicine.

Sono liberi – e la pena mediatica l’hanno già scontata a sufficienza – perché lo dice la civiltà giuridica, non un capriccio. I capricciosi scrivono ma non giudicano. Per fortuna.