Un libro sulla divina Eleonora Duse, che considerava il pubblico come una belva famelica
Diva, icona, musa ispiratrice e superba attrice di teatro, Eleonora Duse, di cui quest’anno si celebra il centenario della morte, arrivò al successo nonostante una lunga gavetta che le aveva fatto conoscere la fame, la mancanza di una stabilità domestica e pesanti delusioni affettive. La sua immagine radicata nell’immaginario collettivo anche grazie alle novelle di vari autori italiani che vengono presentate nel libro “Primadonna. Novelle per Eleonora Duse”, in uscita il 5 aprile per Biblotheka (252 pagine, euro 18,00, ebook a 4,99). Il libro è a cura di Maria Pia Pagani, ricercatrice all’Università di Napoli Federico II, socio del Pen Club, collaboratrice della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani e membro del Comitato nazionale per le celebrazioni della morte dell’attrice.
Testi di eccezione di D’Annunzio, Panzini, Ojetti, Gozzano e altri
La galleria testuale restituisce la vita della diva, nata a Vigevano, in provincia di Pavia, attraverso lo sguardo attento dei suoi contemporanei: tutti scrittori e scrittrici più o meno noti al grande pubblico, e appassionati di teatro. Una galleria che abbraccia un arco temporale dal 1887 al 1925, a quando la diva comincia a brillare come primadonna a livello internazionale, a un anno dalla sua morte. Autore d’eccezione è il Duca Minimo, pseudonimo con il quale si firmava Gabriele d’Annunzio, senza dimenticare Alfredo Panzini e Ugo Ojetti, Guido Gozzano e Marino Moretti. Tra i vari aspetti, affiora anche una geografia che tocca le principali città italiane in cui la primadonna riscosse i maggiori successi: Roma, Torino, Napoli, Venezia, Firenze, Milano e Trieste.
Con lei la narrazione si tinge di mitologia
“Per tutti la Duse è la sirena delle profondità marine che dona fascino e raffinatezza alla narrazione: la sua celebrità serve a elevare la vicenda, sia quando è menzionata esplicitamente, sia quando e soltanto allusa. Il suo è il richiamo stellare in mezzo a tanti protagonisti sconosciuti e schiacciati dal grigiore della quotidianità”, spiega nella postfazione Toni Iermano, professiore ordinario di Letteratura italiana e presidente dei Corsi di studio in Lettere all’Università di Cassino. Quando la primadonna diviene anche la protagonista di una novella, “la narrazione si tinge di mitologia e la protagonista appare ai suoi contemporanei avvolta in una vita fiabesca e olimpica”, prosegue Iermano.
Per la Duse essere primadonna era la condizione naturale
Per Eleonora Duse essere primadonna era uno status che andava ben oltre il sistema dei ruoli imperante nella scena italiana. Era infatti una condizione pressoché naturale, per un’anima come la sua. In quanto “figlia d’arte”, sapeva bene che nel mondo del teatro esistevano delle gerarchie, ma era intenzionata a starci dentro a modo suo: si era perciò costruita un cammino contraddistinto da scelte di repertorio non convenzionali per la sua epoca, aveva affrontato molte tournée internazionali, suscitava con la gestione della sua impresa teatrale e della sua immagine divistica l’attenzione di critici e giornalisti, nonché di pittori e fotografi.
Un rapporto col pubblico spesso conflittuale
Spiega Maria Pia Pagani: “Va detto che il rapporto di Eleonora con il pubblico e stato spesso conflittuale e assimilato a una forma di martirio bianco, ma la sua scalata al successo e andata indiscutibilmente di pari passo con la conquista della celebrità mondana. Per molto tempo ella ha considerato la massa degli spettatori come una belva famelica da domare, oppure un mostro munito di tanti occhi da cui doversi difendere. Soltanto nella vecchiaia, dopo i lunghi anni del suo silenzio artistico, e giunta a una sorta di riappacificazione che l’ha portata a considerare la sua arte come un dono da offrire agli spettatori”.