Una storia degli anni ’70: la rissa di Carlos Monzon con un “pariolino” di piazza Euclide

Contenuti dell'articolo
Piazza Euclide, nel cuore del quartiere Parioli, per gli attivisti politici degli anni Settanta, era divisa in settori. Confini invisibili ma marcati che convivevano discretamente bene, con qualche scontro di confine qua e là, senza grandi conseguenze. Entrando da via Guidubaldo del Monte, si delineano già gli ambiti territoriali: sulla sinistra, davanti alle scalette, Polizia, scarsi o nulli i trambusti, escluso qualche episodio clamoroso ad infrangere la routine quotidiana. Le scalette, zona franca di “pastura”, dove liberi pescatori, gettavano l’esca alle ragazze della scuola Falconieri. Sempre dalla parte delle scalette, negozio di auto usate di lusso, terra di chi voleva provare il brivido dell’impossibile, a saldo (oggi sport quotidiano). Lato opposto, cinemetto al limite tra parrocchiale e d’essai. Contendeva al vicino Santa Teresa del Gesù, il territorio d’incursioni goliardiche.
Piazza Euclide era nel cuore dei Parioli
Proseguendo dopo il cinema, territorio della Chiesa; quindi massimo rispetto fino alla stazione dei taxi, tuttora esistente. Torniamo sul lato opposto, dopo le auto, Amedeo, il mitico barbiere, che grazie alla sua straordinaria abilità, faceva pacificamente convivere più generazioni, collettoni compresi. Professionisti, ministri, abbienti e meno, trovavano rifugio tra le sue sapienti mani e quelle dei suoi collaboratori. Zona franca quindi. Il bar Thomas (baretto) merita una riflessione: anch’esso aveva una calma apparente. A paragone calza quello del ritrovo galattico di Star Wars. Tra i clienti si trovava di tutto: barbieri e massaggiatrici di Amedeo, vecchi frequentatori della piazza, cameriere delle più blasonate famiglie italiane ed estere. Lì vigeva il divieto assoluto di fare casino, per non restare impelagati in casini familiari e non. Ovvero forse potevi sapere (poco) dove iniziare, ma non potevi sapere dove andavi malamente a parare.
Un’infinità di gruppi umani nella piazza
Ecco. Siamo arrivati al cuore pulsante dei Parioli perché sullo sbocco tra via Archimede e piazza Euclide convivevano in un continuum – temporale – fluido più gruppi umani. Arrivavano, partivano, sgommavano, impennavano macchine, moto, vesponi, ragazzi e ragazze che al centro della piazza, sapevano evitare sapientemente i flussi del traffico, gli autobus, le ambulanze, le auto della polizia a sirene spiegate e le frequenti incursioni dei municipales, determinati a raccogliere “scalpi”. Aggiungasi a questo chi doveva andare a fare rifornimento carburante e chi improvvidamente posteggiava al marciapiede, ignaro delle forme di vita della piazza. In quel punto albergavano quelli meno impegnati, per lo più comitive dirette alle feste, locali, o amenità che usavano la piazza come incontro e acquisto di dolciumi e gastronomia al bar Euclide.
Linee di confine ben delimitate
Un tabù infranto più volte, l’attraversamento della linea di centro strada e lo spostamento al bar di fronte, quello dell’albergo di cui non ricordo più il nome e della Roma Nord che aveva piazzato dei video giochi nuovissimi. Non il noioso ping pong, ma il difficilissimo atterraggio degli extra terrestri: “i marzianini”, quale delizia! Quanti soldi nel vorace dindarolo del gioco! Un disgraziato giovedì credo, tutto preso, non mi accorsi del pubblico fino a quando non fui spintonato e redarguito in spagnolo, da un “coatto” latino. Non ragionai, la reazione fu automatica e valutato che era non più alto di un metro e ottantacinque, quindi “piccolo”, partii sparato nella foga dei miei diciannove anni e gli piazzai una ginocchiata alle parti basse. Per risposta ebbi un cazzottone alla bocca dello stomaco e una sgargamella in piena faccia.
L’incontro-scontro con Carlos Monzon
Risposi alla bene e meglio, tirando botte anche agli energumeni di colore che credevo volessero picchiarmi, invece volevano solo difendermi dalla furia scatenata che avevo messo in moto. Infatti erano gli sparring partner, perché il “coatto” era Carlos Monzon, campione del mondo di pugilato, a Roma per girare un film Western… Fu un casino. Però, oltre ai svariati lividi, guadagnai, una volta calmata la macchina da guerra, il rispetto. Il record per non aver rotto arredi, ma solo ammaccature reciproche e potei assistere alle riprese sulla Pontina, di alcune scene del film che stava girando (forse era “El macho, 1977). È un acquerello forse confuso, ma tratteggia un periodo divertente della mia vita degli anni settanta/ottanta.
(foto: ser argentino)