Vaccino di massa e lockdown duro. La ricetta del virologo Crisanti per battere il covid
Andrea Crisanti è uno dei virologi più stimati al mondo. Insegna come professore ordinario microbiologia a Padova dopo una lunga esperienza all’Imperial College di Londra. Ed è molto scettico sulle ultime misure adottate dal governo italiano. Specie sul piano dell’efficacia nel contenere la circolazione del virus da covid 19. Il virologo ha di nuovo lanciato il suo grido d’allarme, questa volta in una intervista rilasciata al quotidiano La Stampa. La ricetta di Crisanti è semplice e complessa allo stesso tempo, e in qualche modo gli Italiani e i cittadini romani e laziali l’hanno già sperimentata tra marzo e giugno. Un lockdown duro, senza sconti e senza divisioni cromatiche tra diverse Regioni. Al quale però a differenza che nella primavera scorsa, affiancare una potente campagna per il vaccino di massa. Una posizione per certi versi estrema, che oggi la politica non sembra disposta a perseguire. Stretta com’è tra l’esigenza di garantire la salute pubblica e le proteste sempre più forti delle tante categorie in ginocchio. E certamente i continui litigi in maggioranza per il Mes, il Recovery Plan e la gestione del fiume di denaro che dovrebbe arrivare (in prestito) dall’Europa non aiutano. Crisanti però parla da virologo, e non da economista. Anche se non fa mancare una valutazione anche di carattere economico. Un lockdown serio aiuterebbe anche la ripresa, ha infatti dichiarato il professore. Perché toglierebbe questa incertezza. E darebbe una data certa dalla quale ripartire.
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Senza vere chiusure il vaccino rischia di fallire
Il principale problema secondo il virologo Andrea Crisanti è che senza delle chiusure serie, totali e prolungate anche il vaccino rischia di fallire. Le zone gialle, arancioni e rosse sono state un’arlecchinata, ha dichiarato sferzante lo scienziato al quotidiano La Stampa. Il problema è che se tutto va bene la vaccinazione di massa sarà completata tra circa un anno. Ma se la gente esce e se ne va in giro, non possiamo escludere nuove varianti del virus. Sul modello di quella cosiddetta ‘inglese’. Che potrebbero rendere inefficaci le vaccinazioni già effettuate, e costringerci a ricominciare tutto daccapo. La soluzione? Semplice, per Crisanti è necessario fare una sola zona rossa in tutta Italia. Da applicare quando il contagio cresce. Ora il limite è di 250 casi su 100 mila abitanti, ha concluso il virologo. Ecco, io lo abbassarei a 50, massimo 80 mila. Dopodiché si chiude. Numeri alla mano, ad oggi si salverebbero (forse) solo Toscana e Sardegna.
Dedicare giorni alla vaccinazione di massa bloccando tutte le altre attività
Massimo Galli, primario di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, spinge al massimo sul vaccino di massa. In Lombardia, dove in alcuni centri si è raggiunto anche il 40% dei contagiati, la seconda ondata del virus è stata molto più lieve. Se idealmente a Pasqua avessimo vaccinato una buona parte della popolazione, probabilmente assisteremmo a una minore circolazione dell’infezione. Così Galli al Corriere della Sera, con una proposta originale che fino ad ora non si era ancora sentita. “Per accelerare la campagna si potrebbe pensare a concentrare un numero elevato di somministrazioni in due o più settimane dedicate. In cui le altre attività vengano il più possibile limitate. Ma tanto dipende da quante dosi avremo e quando. Di nuovo palla alla politica dunque. Alla quale tocca il compito più ingrato e difficile, quello di organizzare e decidere. Evitando di sbagliare, perché ogni passo falso potrebbe avere conseguenze più gravi di quanto ad oggi riusciamo ad immaginare.