Vaticano, al cardinale Becciu 5 anni e sei mesi per la compravendita del palazzo di Londra

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Il Tribunale del Vaticano ha condannato il cardinale Angelo Becciu a 5 anni e 6 mesi di reclusione nell’ambito del processo per lo scandalo finanziario legato alla compravendita del Palazzo di Londra. L’accusa aveva chiesto 7 anni e tre mesi. Il tribunale del Vaticano ha altresì condannato Becciu ad 8 mila euro di multa e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Parla il Tribunale del Vaticano

“Con la sentenza emessa oggi, dopo 86 udienze, il Tribunale ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società, che – come è noto – aveva ad oggetto plurime vicende (distinte, pur se con profili di connessione oggettiva e soggettiva), la principale delle quali è nota con riferimento al palazzo sito in Londra, 60 Sloane Avenue”. Lo sottolinea il Tribunale del Vaticano al termine del processo di primo grado per lo scandalo finanziario legato alla compravendita del Palazzo di Londra.

Sussiste il reato di peculato

“In ordine a questa, il Tribunale ha ritenuto sussistente il reato di peculato (art. 168 c.p.) in ordine all’uso illecito, perché in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici (ed in particolare del canone 1284 C.I.C.), della somma di 200.500.000 dollari USA, pari a circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato. Detta somma è stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora Sostituto monsignor Giovanni Angelo Becciu, per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile al dottor Raffaele Mincione, con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione”.

Gli altri condannati

Il Tribunale ha quindi ritenuto “colpevoli del reato di peculato monsignor Becciu e Raffaele Mincione, in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro anche senza che si fossero verificate le condizioni previste, nonché, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso. Quanto all’utilizzo successivo della detta somma, servita – fra l’altro – per l’acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c. p.)”.

Tra i reati contestati anche truffa, estorsione e autoriciclaggio

È stata dichiarata poi la colpevolezza di Enrico Crasso per il reato di autoriciclaggio (art. 421-bis c.p.) in relazione all’utilizzo di una ingente somma di oltre 1 milione di euro, costituente il profitto del reato di corruzione tra privati commesso in concorso con Mincione. In relazione invece al riacquisto da parte della Segreteria di Stato, nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, delle società cui faceva capo la proprietà del palazzo già citato, il Tribunale ha ritenuto la colpevolezza di Torzi Gianluigi e Squillace Nicola per il reato di truffa aggravata (art. 413 c.p.) e del citato Torzi anche per il reato di estorsione in concorso con Tirabassi Fabrizio (art. 409 c.p.), nonché per il reato di autoriciclaggio di quanto illecitamente ottenuto.

Anche assoluzione per alcuni dal reato di peculato

Torzi, Tirabassi, Crasso e Mincione invece assolti perché il fatto non sussiste dal reato di peculato loro ascritto in relazione all’ipotizzata sopravvalutazione del prezzo di vendita. Tirabassi è stato, inoltre, ritenuto colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c.p.) in relazione alla detenzione della somma di oltre 1.500.000 USD a lui corrisposta – fra il 2004 e il 2009 – dall’UBS; il Tribunale ha infatti ritenuto che la ricezione di tale somma da parte dell’imputato integrasse il reato di corruzione in ordine al quale però, dato il tempo trascorso, l’azione penale è ormai prescritta.

Oltre mezzo milione per la liberazione di una suora in Africa, ma non era vero

Quanto a Tommaso Di Ruzza e Renè Brulhart, rispettivamente Direttore Generale e Presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria, intervenuti nella fase finale del riacquisto del Palazzo di Sloane Avenue, sono stati assolti dei reati di abuso di ufficio loro contestati e ritenuti colpevoli solo dei delitti di cui agli articoli 178 e 180 c.p. per omessa denuncia e per la mancata segnalazione al Promotore di giustizia di un’operazione sospetta. Infine, con riferimento ad altri due temi di indagine, Becciu e Marogna Cecilia ritenuti colpevoli, in concorso, in relazione al versamento, da parte della Segreteria di Stato, di un totale di oltre 570.000 euro a favore della Marogna, tramite una società a lei riferibile, con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa.

125mila euro destinati alla cooperative del fratello di Becciu

Monsignor Becciu altresì ritenuto colpevole di peculato per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di euro 125.000 destinata in realtà alla cooperativa Spes, di cui era presidente il fratello Becciu Antonino. Pur essendo di per sé lecito lo scopo finale delle somme, il Collegio ha ritenuto che l’erogazione di fondi della Segreteria di Stato costituisse un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 c.p., che sanziona l’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado.

Infine, Mincione Raffaele, Torzi Gianluigi, Tirabassi Fabrizio, Becciu Giovanni Angelo, Squillace Nicola, Crasso Enrico, Di Ruzza Tommaso e Brulhart Renè invece assolti, con le formule specificate nel dispositivo, da tutti gli altri reati loro ascritti. Monsignor Mauro Carlino assolto da tutti i reati a lui contestati.

Gli avvocati, profonda amarezza ma guardiamo all’Appello con fiducia

“C’è profonda amarezza, dopo 86 udienze, nel prendere atto che l’innocenza del Cardinale Becciu non proclamata dalla sentenza, nonostante tutte le accuse si siano rivelate completamente infondate. Le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al Cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la Sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia”. E’ quanto dichiarano Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, legali del Cardinale Giovanni Angelo Becciu. “Nonostante la pronuncia ci amareggi profondamente, abbiamo una solida certezza: il Cardinale Becciu, fedele servitore del Papa e della Chiesa, ha sempre agito nell’interesse della Segreteria di Stato e non ha avuto per sé e per i suoi familiari alcun vantaggio”.