Via Poma: si riapre il giallo, un’informativa dei carabinieri cita il figlio di Vanacore

Simonetta Cesaroni

Si riapre il giallo di via Poma, a Roma, dove nel 1990 la ventenne Simonetta Cesaroni venne assassinata con 29 coltellate. Secondo un’informativa dei Carabinieri, resa nota da Repubblica, al centro della vicenda potrebbe essere Mario Vanacore, figlio del portiere dello stabile in cui Simonetta lavorava, sospettato dai militari di essere l’omicida.

Il padre, Pietrino Vanacore, poi morto suicida, avrebbe coperto il figlio per più di 20 anni. Sulla vicenda, però, la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione. Si tratta di “ipotesi e suggestioni”, scrivono i magistrati di piazzale Clodio, che “non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato”.

È tuttavia opportuno sottolineare come la procura – con un pm di valore come Dito – sia arrivata ad una conclusione netta, ovvero non c’è ad oggi una prova che possa attribuire la responsabilità penale dell’omicidio di Simonetta Cesaroni in capo a Mario Vanacore. La nuova inchiesta era nata da un esposto della famiglia Cesaroni rappresentata dagli avvocati Federica Mondani e Giuseppe Falvo.

Chi è Mario Vanacore

Secondo l’informativa dei militari “tra le 17.50 e le 18.15, Mario Vanacore di sua iniziativa, per averlo già fatto in precedenti occasioni o su suggerimento” del padre o della matrigna, “con le chiavi da essi regolarmente possedute” va negli uffici degli ostelli “munito di agenda telefonica per effettuare gratuitamente delle telefonate interurbane a Torino, Cantù confidando che gli uffici siano vuoti”.

Sarebbe però accaduto l’imponderabile. Per i carabinieri, una volta entrato il figlio del portiere “si trova davanti inaspettatamente Simonetta Cesaroni e a quel punto, intenzionato ad abusare della ragazza sola, verosimilmente sotto minaccia, la costringe ad andare nella stanza del direttore” dell’ufficio dove poi verrà ritrovato il cadavere. L’uomo poi “dopo aver chiuso la porta dell’ufficio, la obbliga a spogliarsi”.

La giovane, “parzialmente nuda” però “prova a ribellarsi e afferra quella che sarà l’arma del delitto – impugnandola perché era alla sua portata o sottraendola momentaneamente all’uomo – e lo colpisce ferendolo”. A quel punto, sottolineano gli investigatori, “l’uomo reagisce, sferrandole un violento colpo al viso che la stordisce e la fa cadere a terra”. Così si sarebbe arrivati al momento dell’omicidio con “l’uomo che si impossessa dell’arma del delitto e a cavalcioni della ragazza, supina a terra, la colpisce per ventinove volte”.