Zingaretti intona Bella Ciao. E in regione c’è chi lo sostiene ancora
Nicola Zingaretti sta indietro mille anni luce.
Davanti alle telecamere dei telegiornali dice di voler parlare di lavoro. Ai taccuini dei cronisti prende a male parole Matteo Renzi. Poi, sui social sbarella e anziché spiegarci ad esempio che succede nella sanità che governa nel Lazio diffonde Bella Ciao.
Ma ci fa o c’è? Davvero l’Italia ha bisogno di tornare al passato? Che fa, reclama una guerra civile? O l’invasore contro chi insorge è il nemico che manda a processo per la Gregoretti?
Zingaretti lasci la poltrona
Se ha deciso di fare questa guerra scomodando addirittura i canti dei partigiani, liberissimo Nicola Zingaretti di fare quel che crede. Ma lasci libera la poltrona di amministratore regionale che ha bisogno di un presidente e non di un nostalgico dello scontro armato tra italiani.
Lo segnaliamo soprattutto a chi continua a sorreggerne la sua maggioranza in Consiglio regionale senza aver mai cantato Bella Ciao in vita sua.
E’ triste l’involuzione del governatore della Regione. Vuole riportare tutti indietro, al tempo dell’odio, quando ci si scontrava. È successo in guerra e perfino nel dopoguerra nel triangolo rosso. E poi negli anni di piombo. Quei canti facevano da cornice – assieme a Bandiera Rossa – alle gesta più sanguinarie che hanno caratterizzato drammaticamente la vita della Nazione.
Al massimo conquista le sardine
Riproporre linguaggi e usi, comportamenti e parole oggi senza senso, può servire ad attrarre sardine e centri sociali, ma allontana in modo irreversibile moderati che pure si dice di voler conquistare. Nella campagna elettorale in cui riconquistò la regione, non sentimmo mai quel canto. Se ora ce lo ripropone, il governatore sbaglia, perché trasforma l’unica istituzione che presiede in uno strumento di parte. Partigiano, appunto.
Ma la guerra è finita da un pezzo, Nicola. Svegliati e pensa ad un futuro che non si costruisce rinfocolando antiche divisioni. Alla Pisana, lo ripetiamo, qualcuno rifletta seriamente.